In Toscana
nel 2016 sono stati notificati 258 nuovi casi di tubercolosi (TB), corrispondenti ad un tasso di 6,9 per 100mila abitanti. Il trend dei casi della malattia nella nostra regione è complessivamente in diminuzione nel periodo 1994-2016, tuttavia l’andamento è altalenante dal 1994 al 2010, mostrando sensibili variazioni in aumento e in diminuzione, mentre dal 2010 inizia una costante riduzione dei casi fino al 2013, passando da 387 a 271 (-30%)per poi stabilizzarsi su valori attorno ai 260 casi l’anno dal 2014 al 2016. I dati toscani sulla tubercolosi sono allineati con quelli nazionali.

Sono questi i principali risultati contenuti nella presentazione Epidemiologia della tubercolosi: quadro nazionale e regionale che l’ARS ha elaborato e illustrato lo scorso 10 ottobre in occasione della terza giornata del corso che si è tenuto ad Empoli: “La gestione dell’infezione da HIV in relazione all’invecchiamento della popolazione infetta e alle nuove sfide infettivologiche”.

La TB è una malattia fortemente associata alle condizioni igieniche in cui vivono le persone, a malnutrizione e cattive condizioni generali di salute. Per questo esistono gruppi ed età a maggior rischio.
In Toscana le persone maggiormente colpite dalla malattia sono maschi, di età generalmente compresa tra i 15 e i 24 anni, di cittadinanza straniera. La metà circa dei casi di malattia in Toscana, infatti, è a carico di persone non italiane: in termini di incidenza, i tassi riferiti agli stranieri sono molto maggiori rispetto a quelli riferiti agli italiani.
La TB rappresenta una delle patologie opportunistiche che portano le persone con HIV a diventare malate di AIDS: in Toscana, nel 2015, tra gli 87 casi notificati di AIDS, 7  hanno una coinfezione HIV-TB (l’8%)e tra questi una persona è morta.
Le conseguenze sanitarie indicano che una percentuale di casi variabile tra l’85 ed il 90% viene ricoverata, mentre in media circa l’8% muore. Si tratta generalmente di persone di età maggiore o uguale a 65 anni, per le quali, nonostante il Registro di mortalità indichi una morte per tubercolosi, è più plausibile ritenere che si tratti di una serie di concause di morte. Per fare un esempio, nel 2014, ultimo anno disponibile, tra i 16 residenti deceduti in strutture ospedaliere toscane per tubercolosi, solo 3 hanno un’età inferiore a 65 anni e dunque presumibilmente morte esclusivamente a causa della tubercolosi.

Nel mondo sono stati stimati 10,4 milioni di nuovi casi della malattia nel 2015, di cui il 56% a carico di maschi, il 34% di femmine ed il 10% (1 milione circa) di bambini di età inferiore a 15 anni. Il rapporto maschi/femmine è 1,6 : 1.
L’11% del totale - 1,2 milioni di casi - sono affetti da HIV, mentre 480mila hanno sviluppato una resistenza ai farmaci di prima linea (MDR-TB). I decessi a livello mondiale sono 1,8 milioni.
Nonostante la riduzione delle morti dal 2000 al 2015 si attesti al 22%, la TB rimane una delle prime 10 cause di morte nel mondo:

tb
 
L’Organizzazione mondiale della sanità, considerato che la malattia rappresenta ancora un’emergenza sanitaria globale, ha deciso di promuovere la End TB strategy, i cui obiettivi prevedono per il 2035 di ridurre del 95% il numero di decessi e del 90% l’incidenza di casi rispetto al 2015.
tb copertinaIn Toscana nel 2016 sono stati notificati 258 nuovi casi di tubercolosi (TB), corrispondenti ad un tasso di 6,9 per 100mila abitanti. Il trend dei casi della malattia nella nostra regione è complessivamente in diminuzione nel periodo 1994-2016, tuttavia l’andamento è altalenante dal 1994 al 2010, mostrando sensibili variazioni in aumento e in diminuzione, mentre dal 2010 inizia una costante riduzione dei casi fino al 2013, passando da 387 a 271 (-30%)per poi stabilizzarsi su valori attorno ai 260 casi l’anno dal 2014 al 2016. I dati toscani sulla tubercolosi sono allineati con quelli nazionali.

Sono questi i principali risultati contenuti nella presentazione Epidemiologia della tubercolosi: quadro nazionale e regionale che l’ARS ha elaborato e illustrato lo scorso 10 ottobre in occasione della terza giornata del corso che si è tenuto ad Empoli: “La gestione dell’infezione da HIV in relazione all’invecchiamento della popolazione infetta e alle nuove sfide infettivologiche”.

La TB è una malattia fortemente associata alle condizioni igieniche in cui vivono le persone, a malnutrizione e cattive condizioni generali di salute. Per questo esistono gruppi ed età a maggior rischio.
In Toscana le persone maggiormente colpite dalla malattia sono maschi, di età generalmente compresa tra i 15 e i 24 anni, di cittadinanza straniera. La metà circa dei casi di malattia in Toscana, infatti, è a carico di persone non italiane: in termini di incidenza, i tassi riferiti agli stranieri sono molto maggiori rispetto a quelli riferiti agli italiani.
La TB rappresenta una delle patologie opportunistiche che portano le persone con HIV a diventare malate di AIDS: in Toscana, nel 2015, tra gli 87 casi notificati di AIDS, 7  hanno una coinfezione HIV-TB (l’8%)e tra questi una persona è morta.
Le conseguenze sanitarie indicano che una percentuale di casi variabile tra l’85 ed il 90% viene ricoverata, mentre in media circa l’8% muore. Si tratta generalmente di persone di età maggiore o uguale a 65 anni, per le quali, nonostante il Registro di mortalità indichi una morte per tubercolosi, è più plausibile ritenere che si tratti di una serie di concause di morte. Per fare un esempio, nel 2014, ultimo anno disponibile, tra i 16 residenti deceduti in strutture ospedaliere toscane per tubercolosi, solo 3 hanno un’età inferiore a 65 anni e dunque presumibilmente morte esclusivamente a causa della tubercolosi.

Nel mondo sono stati stimati 10,4 milioni di nuovi casi della malattia nel 2015, di cui il 56% a carico di maschi, il 34% di femmine ed il 10% (1 milione circa) di bambini di età inferiore a 15 anni. Il rapporto maschi/femmine è 1,6 : 1.
L’11% del totale - 1,2 milioni di casi - sono affetti da HIV, mentre 480mila hanno sviluppato una resistenza ai farmaci di prima linea (MDR-TB). I decessi a livello mondiale sono 1,8 milioni.
Nonostante la riduzione delle morti dal 2000 al 2015 si attesti al 22%, la TB rimane una delle prime 10 cause di morte nel mondo:
 
dati tubercolosiL’Organizzazione mondiale della sanità, considerato che la malattia rappresenta ancora un’emergenza sanitaria globale, ha deciso di promuovere la End TB strategy, i cui obiettivi prevedono per il 2035 di ridurre del 95% il numero di decessi e del 90% l’incidenza di casi rispetto al 2015.
immagine epatite
Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, sono circa 71 milioni a livello globale (prevalenza: 1%) i soggetti con infezione cronica da virus dell’epatite C (HCV) e ad aumentato rischio di sviluppare cirrosi epatica e carcinoma epatocellulare.

L’obiettivo primario del trattamento dell’infezione cronica da HCV è quello di raggiungere una risposta virologica sostenuta (SVR), definita come assenza di HCV RNA, a 12 e a 24 settimane dopo la sospensione del trattamento. Risalgono a poco tempo fa le terapie con interferone pegilato (Peg-IFN) -α (2a o 2b) in combinazione con ribavirina (RBV), che rappresentavano il trattamento standard per l'infezione cronica da HCV. Tuttavia, il trattamento con Peg-IFN-α e RBV aveva un’efficacia limitata. Nello specifico, il tasso complessivo di SVR24 era del 49,4% (Marcellin et al., 2012). In particolare, eventi avversi rilevanti correlati al trattamento sono stati spesso causa di scarsa aderenza e prematura interruzione del trattamento. Inoltre, i pazienti che avevano avuto una risposta assente o parziale a una precedente terapia con Peg-IFN e RBV o con specifiche concomitanti altre patologie, in cui tale trattamento poteva essere controindicato, non avevano a disposizione trattamenti alternativi.  

I nuovi antivirali ad azione diretta (DAA - Direct-Acting Antivirals), secondo una recente metanalisi su 64 studi clinici randomizzati per un totale di 15.731 pazienti, sono in grado di indurre una risposta virologica sostenuta mediamente dell’89% (Ferreira et al., 2016). Una successiva revisione sistematica (Jakobsen et al., 2017) ha valutato gli effetti della somministrazione di DAA nelle persone con epatopatia cronica HCV- correlata. Tale revisione sistematica aveva i seguenti obiettivi: verificare la morbilità correlata all'epatite C (diagnosticate dopo la randomizzazione) e la mortalità per tutte le cause; verificare la proporzione di pazienti trattati che presentavano uno o più eventi avversi gravi; valutare la qualità della vita correlata alla salute. La morbilità correlata ad HCV è stata definita come la proporzione di partecipanti con: cirrosi, ascite, sanguinamento da varici esofagee, sindrome epatorenale, encefalopatia epatica o carcinoma epatocellulare. Gli autori hanno utilizzato tutte le procedure metodologiche standard raccomandate nel “Cochrane Handbook for Systematic Reviews of Interventions”. Sono state incluse 351 pubblicazioni per un totale di 138 studi clinici randomizzati per un totale di 25.232 partecipanti. Di questi, 128 studi clinici in cui il gruppo di controllo riceveva il placebo. Tutti gli studi clinici erano ad alto rischio di errori sistematici  (bias): 84 studi clinici coinvolgevano DAA sul mercato o in fase di sviluppo (13.466 partecipanti);  57 studi clinici somministravano DAA ritirati (o interrotti); 95 studi clinici avevano arruolato soggetti mai sottoposti a precedenti trattamenti; 17 studi clinici avevano arruolato pazienti precedentemente trattati e 24 avevano arruolato entrambi i tipi di pazienti (soggetti mai sottoposti a precedenti trattamenti e soggetti sottoposti a precedenti trattamenti). Per quanto riguarda i genotipi (varianti virali dell’HCV): 119 studi clinici avevano arruolato pazienti con il genotipo 1, 8 studi clinici con genotipo 2, 6 studi clinici con genotipo 3, 9 studi clinici con genotipo 4 e 1 studio clinico il genotipo 6. Dodici studi clinici non avevano specificato il genotipo dei partecipanti.

Gli autori della revisione hanno concluso che i risultati di questa metanalisi non sembrano supportare evidenze di rischio di gravi eventi avversi in pazienti adulti con epatite cronica C trattati con DAA (376 su 13.574, ovvero il 2.77% dei partecipanti sottoposti a terapia con DAA, avevano avuto uno o più gravi eventi rispetto al 5,57% - cioè 125/2.243 - dei controlli). I dati purtroppo erano insufficienti per giudicare se i DAA hanno effetti nella riduzione della morbilità in pazienti con epatopatia cronica. Infatti, nessuno dei 138 studi clinici considerati ha fornito dati sufficienti per valutare gli effetti dei DAA su ascite, sanguinamento esofageo, encefalopatia epatica, carcinoma epatocellulare, sindrome epatorenale e dati scarsi erano presenti anche relativamente alla mortalità: 15 morti su 2.377 partecipanti negli studi clinici che avevano valutato l’efficacia dei DAA (0,63%), contro 1 evento morte su 617 nei controlli (0,16%).  Infatti, la maggioranza di tutti gli studi clinici inclusi nella metanalisi aveva valutato principalmente gli effetti dei DAA sulla SVR.  Questa metanalisi conferma che i DAA aumentano il raggiungimento della SVR (6886 partecipanti, 32 trials).  Solo 1/138 trial ha valutato gli effetti dei DAA sulla qualità della vita. Saranno pertanto necessari ulteriori studi per valutare i benefici clinici a lungo termine del trattamento con DAA in pazienti con epatopatia cronica HCV-correlata su morbilità e mortalità.

A cura di:
Cristina Stasi -  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Riferimenti bibliografici
Marcellin P, Cheinquer H, Curescu M, Dusheiko GM, Ferenci P, Horban A, Jensen D, Lengyel G, Mangia A, Ouzan D, Puoti M, Rodriguez-Torres M, Shiffman ML, Schmitz M, Tatsch F, Rizzetto M. High sustained virologic response rates in rapid virologic response patients in the large real-world PROPHESYS cohort confirm results from randomized clinical trials. Hepatology. 2012 Dec;56(6):2039-50.

Ferreira VL, Tonin FS, Assis Jarek NA, Ramires Y, Pontarolo R. Efficacy of Interferon-Free Therapies for Chronic Hepatitis C: A Systematic Review of All Randomized Clinical Trials. Clin Drug Investig. 2017 (in press).

Jakobsen JC, Nielsen EE, Feinberg J, Katakam KK, Fobian K, Hauser G, Poropat G, Djurisic S, Weiss KH, Bjelakovic M, Bjelakovic G, Klingenberg SL, Liu JP, Nikolova D, Koretz RL, Gluud C. Direct-acting antivirals for chronic hepatitis C (Review). Cochrane Database Syst Rev. 2017 Jun 6;6:CD012143.
ICAR Siena 2017
Lo studio HCV and HCV/HIV coinfected patients known to Tuscan Regional Health Service in 2016 sui pazienti con HCV o coinfetti da HCV e HIV noti al Sistema sanitario toscano nel 2016, con l’obiettivo di valutarne il numero, è stato presentato al 9° congresso nazionale ICAR.

L’infezione da virus dell’epatite C (HCV) è un importante problema di sanità pubblica, sia per la prevalenza osservata, sia per l’alta percentuale di casi clinicamente non manifesti, che rappresentano un’importante fonte di contagio.

Inoltre è elevata la percentuale di cronicizzazione dell’infezione, che può portare ad un’evoluzione verso la cirrosi epatica ed il carcinoma epatocellulare, cui conseguono un elevato numero di morti ad esse correlabili. Infine, l’impatto economico e sociale dell’HCV è certamente rilevante. Infatti, mentre la mortalità per le conseguenze dell’infezione cronica da HCV ha mostrato negli ultimi 15 anni un trend in aumento, quella per HIV ne mostra uno in diminuzione.

Nel mondo, in Europa e in Italia
Ad oggi la prevalenza mondiale di HCV è stimata essere dell’1% (71 milioni di persone), le persone che vivono con HIV sono 36,7 milioni, di cui circa il 6-7% è rappresentata dai coinfetti con HCV.
A livello europeo l’Italia si colloca ai primi posti in Europa per prevalenza di HCV e per prevalenza di HIV.
Pertanto, data l’introduzione dei nuovi Direct-Acting Antivirals (DAA - farmaci antivirali ad azione diretta), l’elevata prevalenza di infezione da HCV, oltre che l’alta efficacia e l’ottima tollerabilità anche nei pazienti infetti da HIV/HCV, il calcolo del numero totale dei pazienti affetti da HCV e/o coinfetti attraverso l’uso dei flussi sanitari sembra essenziale per strategie di politica di intervento.

Lo studio toscano
Per valutare il numero dei pazienti è stato utilizzato il codice identificativo universale (IDUNI), attribuito dalla Regione Toscana ad ogni cittadino residente sul proprio territorio, e sono state individuate (in ogni flusso informativo) le persone a cui era stato assegnato un codice identificativo dell’HCV.
Le possibili fonti utilizzabili sono state: il flusso esenzione, il flusso dei farmaci erogati direttamente, il flusso delle prescrizioni farmaceutiche, il flusso delle schede delle dimissioni ospedaliere, il flusso dei registri di mortalità regionale e il flusso delle prestazioni ambulatoriali. I risultati di questo studio hanno evidenziato che i soggetti esenti per epatopatia cronica HCV-correlata e vivi al 31.12.2016 erano 16.399, quelli trattati negli ultimi 10 anni 10.985, i ricoverati risultavano 14.805.Dopo aver eliminato i casi ripetuti, le persone HCV-positive conosciute all’SSR risultavano in tutto 28.707
Proiettando la percentuale genotipica riscontrata nello studio di monitoraggio sulle epatiti virali croniche nella popolazione toscana effettuato nel 2015, è stato riscontrato che il 61,6% dei soggetti presenta il genotipo 1, nello specifico 13.607 persone con genotipo 1b e 4.076 con genotipo 1a.
Per tale calcolo è stata presa in considerazione la diversa risposta al trattamento farmacologico in base al genotipo virale, nel caso di trattamento con Peginterferone+Ribavirina, utilizzando le percentuali di pazienti con Sustained Virological Response (SVR - risposta virologica sostenuta) riportate nei dati di letteratura. In base a questi ultimi è stata anche calcolata la SVR ai DAA. Pertanto gli SVR totali risultavano 7.007. I conosciuti all’SSR meno gli SVR, sono stati stimati in 21.700.
Dopo aver eliminato i casi di SVR dal totale della popolazione affetta da HCV, gli HCV-positivi conosciuti all’SSR presentano pertanto una prevalenza dello 0,6% abitanti in Toscana ed una prevalenza di coinfetti HIV/HCV dello 0,03%.
La nostra popolazione è composta prevalentemente dal genere maschile (54%) rispetto al genere femminile (46%). L’andamento per età mostra un maggior interessamento degli over45enni.
Il 22% dei pazienti trattati era coinfetto con HIV, più o meno in linea con i dati nazionali dei soggetti trattati con i DAA. I trattati erano soprattutto soggetti di età superiore a 35 anni.

Conclusioni
I risultati del nostro studio evidenziano che i dati di prevalenza ottenuti attraverso l’utilizzo dei flussi sanitari correnti risulta in linea con quanto emerso da studi di epidemiologia clinica, che la fascia d’età più coinvolta è quella dei Baby Boomers, a maggior rischio di aver contratto l’infezione. Probabilmente gli attuali criteri AIFA consentiranno una riduzione notevole della prevalenza di HCV, nonché un maggior numero di trattamenti dei pazienti coinfetti.
immagine portale meningite
E’ on line da qualche giorno il portale Meningite: la situazione in Toscana, realizzato dall’Agenzia regionale di sanità per fornire – in primis ai cittadini, ma anche agli operatori sanitari - informazioni precise e accreditate su un tema che ha interessato molto da vicino la nostra regione negli ultimi tre anni.

A partire dal 2015 in Toscana è stato infatti osservato, rispetto agli anni precedenti, un aumento anomalo dei casi di meningococco C, batterio responsabile delle forme solitamente più serie di meningite. Questa situazione si è protratta fino a tutto il 2016: i casi di malattia da meningococco C in questo biennio sono stati ben 61 (contro i 22 casi totali notificati negli anni 2007-2014) ed hanno provocato il decesso di 13 persone. In un simile contesto, la Regione Toscana ha attivato ad aprile 2015 una campagna straordinaria di vaccinazione dei cittadini ed ha affidato all’Agenzia regionale di sanità, con il supporto tecnico scientifico dell’Istituto superiore di sanità, la realizzazione di 2 studi regionali: uno volto a misurare la prevalenza nella popolazione dei portatori sani del batterio (meningococco C e altri tipi), l’altro ad indagare i fattori di rischio che caratterizzano i 61 casi di malattia da meningococco C.

Riguardo al 2017, nei primi quattro mesi sono stati registrati altri 5 casi di meningococco C, numero sensibilmente inferiore rispetto a quelli registrati nello stesso periodo del 2015 e del 2016, cioè 17 casi in ciascuno dei 2 anni. Ciò rivela che il batterio, anche grazie alla vaccinazione massiva, ha rallentato la sua trasmissione, tuttavia è quanto mai importante non abbassare la guardia: per questa ragione l’ARS  ha deciso di realizzare il portale Meningite: la situazione in Toscana.

Il portale è stato realizzato utilizzando le più recenti tecniche di comunicazione: testi brevi, linguaggio semplice, molte immagini e infografiche. Nasce con lo scopo di diventare per tutti – cittadini e mondo sanitario - un punto di riferimento regionale, preciso e  aggiornato, sul tema della meningite. Il portale è suddiviso in sei sezioni, nelle quali viene offerta una descrizione e caratterizzazione dei casi avvenuti in Toscana e una lettura più ampia sull’epidemiologia della malattia, allargando l’analisi anche all’Italia, all’Europa e alla situazione a livello mondiale. Vi si  trovano inoltre informazioni puntuali sulla campagna straordinaria di vaccinazione promossa dalla Regione Toscana e sui risultati degli studi ARS, oltre ad una chiara descrizione su cos’è la malattia con dettagli su trasmissione/incubazione/sintomi/cura/prevenzione. Infine, c’è una sezione dedicata alle FAQ, le domande più frequenti.
epatite
Occuparsi della salute delle persone detenute equivale non solo a garantire l’assistenza sanitaria in ambito detentivo ma anche a mettere in atto interventi di salute pubblica volti a prevenire la diffusione di patologie trasmissibili e non.

Nel corso degli ultimi anni, grazie anche al riconoscimento della completa uniformità nei trattamenti avvenuta a seguito del passaggio della sanità penitenziaria dal Ministero di Grazia e Giustizia al Ministero della Salute (DPCM 1 aprile 2008), il tema della salute dei detenuti ha visto numerosi sviluppi su tutto il territorio nazionale.

In attesa del completo utilizzo della cartella clinica informatizzata da parte delle strutture detentive, la regione Toscana, in collaborazione con l'ARS, si è fatta promotrice di un sistema di rilevazione informatizzato dello stato di salute della popolazione detenuta, sperimentato in 56 strutture italiane grazie al sostengo ricevuto dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM). I risultati, in linea con quanto emerge dalla letteratura internazionale, hanno mostrato una prevalenza nettamente superiore, rispetto alla popolazione generale, di disturbi psichici, disturbi da dipendenza da sostanze e malattie infettive, portando all’attivazione di interventi sempre più mirati. 

Uno fra questi è la prevenzione dell’infezione epatica da virus B. Seguendo le raccomandazioni internazionali, nell’ambito del progetto nazionale finanziato dal Ministero della Salute (CCM), l’ARS si è posta l’obiettivo di aumentare la profilassi pre-esposizione, favorendo l’accesso alla vaccinazione anti-HBV nella popolazione detenuta nelle strutture detentive della Toscana. Per raggiungere tale obiettivo, l’ARS ha tenuto corsi di formazione-informazione al personale sanitario e della giustizia che opera nelle strutture detentive regionali ed è stata anche avviata la campagna di screening e vaccinazione con schedula accelerata (tempo 0, 7 e 21 giorni, con un ultimo richiamo a 12 mesi) grazie alla collaborazione di tutto il personale sanitario che lavora in ambito detentivo.

Valore aggiunto al progetto è dato dall’attività di formazione capillare, realizzata attraverso l’organizzazione di incontri informativi tenuti da personale sanitario dell’ARS e da mediatori culturali messi a disposizione dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Il coinvolgimento dei mediatori culturali nel processo formativo rappresenta un’opportunità per facilitare l’apprendimento dei contenuti e le modalità con cui veicolarli. Infatti, risultando difficile estendere la formazione a tutta la popolazione detenuta, il progetto prevede il coinvolgimento di un gruppo di detenuti in ogni istituto, parametrato in base al numero di detenuti complessivo, cui affidare il ruolo di peer educator nei confronti della restante popolazione detenuta. Queste figure assumono un ruolo particolarmente importante perché l’informazione "tra pari" rappresenta un mezzo in grado di superare barriere linguistiche e culturali presenti in contesti multi-etnici. I mesi previsti per la formazione sono marzo, aprile, maggio 2017 presso la quasi totalità delle strutture detentive presenti sul territorio regionale.