Vaccinazione antimeningococco
Il caso
Il ragazzo di 25 anni ricoverato venerdì 3 febbraio all’Ospedale Civile Sant'Andrea di La spezia è purtroppo deceduto a causa di una meningite e sepsi da meningococco C, lo stesso sierotipo che dal 2015 sta causando l’aumento di casi di malattia batterica invasiva (meningite e sepsi) da meningococco in Toscana.

La Asl 5 Spezzina ha immediatamente avviato le indagini epidemiologiche col fine d’individuare i contatti stretti e fornire loro la profilassi.
Le stesse indagini epidemiologiche hanno confermato che il ragazzo lavorava presso un pub a La Spezia che svolge anche esercizio commerciale di pizzeria, ristorante, paninoteca e birreria.
Si apprende infine che il caso non era vaccinato.

I lavoratori presso bar, ristoranti e pub sono più rischio di sviluppare la malattia batterica invasiva da meningococco C (meningite e spesi), ed è per loro fortemente raccomandata la vaccinazione.

A seguito dell’incremento dei casi di malattia batterica invasiva da meningococco C, con la delibera del 16 febbraio 2016, n. 85, la Regione Toscana ha avviato le indagini epidemiologiche per identificare i gruppi di popolazione più a rischio per malattia da meningococco C verso i quali indirizzare gli interventi vaccinali. Le indagini sono state condotte dall’Agenzia regionale di sanità con il supporto tecnico-scientifico dell’Istituto superiore di sanità e dell’Azienda Usl Toscana centro.
Le indagini hanno permesso d’identificare un incrementato rischio per i lavoratori presso ristoranti, bar, pub e circoli ed anche per i frequentatori di tali locali.
Infatti, sui 62 casi di meningococco C notificati in Toscana dal 2015 ad oggi, 8 (12,9%) lavoravano presso bar, pub, ristoranti e/o circoli e 37 casi (58,7%) avevano frequentato i suddetti luoghi nei 10 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi e/o avevano contatti stretti con persone che vi lavoravano.

Perché i bar, i ristoranti e i pub sono luoghi a rischio?
In letteratura molti studi hanno individuato un’associazione tra incremento del rischio di malattia meningococcica e frequentazione/lavoro presso bar, ristoranti e pub. Gli autori indicano che il meningococco trova una facile trasmissione in situazioni “affollate” e con poca ventilazione. In particolare nelle ore di picco serali questi luoghi possono essere molto frequentati e ciò facilita la trasmissione diretta dei droplets, vale a dire di quelle goccioline invisibili di saliva che vengono emesse durante il semplice atto di “parlare”.
Inoltre, altri noti fattori di rischio si presentano in modo intrinseco in questi luoghi: il fumo attivo e passivo, il consumo di alcolici e lo scambio di drink. Ciò fa sì che si presenti una sinergia tra tali fattori che determina un esponenziale incremento del rischio di trasmissione del meningococco.
Infine, le note caratteristiche genetiche di iper-trasmissibilità e di iper-virulenza del ceppo di meningococco C-ST11 facilitano la sua trasmissione.

Raccomandazioni e rinnovo alla vaccinazione
A causa dell’elevata virulenza, trasmissibilità e patogenicità del ceppo di meningococco C-ST11 circolante in Toscana, e poiché l’incremento dei casi di malattia da meningococco C rimane tutt’oggi continuo, la vaccinazione antimeningococco C è raccomandata a tutta la popolazione.
Le indagini epidemiologiche condotte dall’ARS hanno permesso di individuare che vi è un rischio aumentato di contrarre la malattia da meningococco C per i seguenti gruppi target, per i quali pertanto la vaccinazione antimeningococco C è fortemente raccomandata:
  1. Discoteche, club, locali notturni (lavoratori/frequentatori) in particolare dei locali dell’Empolese, di Firenze, Prato e Pistoia
  2. Ristoranti, bar, pub, circoli (lavoratori/clienti)
  3. Scuole di ogni grado inclusi asili nido e università (studenti e lavoratori a ogni titolo)
  4. Palestre-associazioni sportive-ricreative (lavatori/frequentatori)
  5. Settore sanità
  6. Fumatori e soggetti esposti a fumo passivo
  7. Consumatori di sostanze stupefacenti
  • Il rischio di contrarre la malattia da meningococco C incrementa anche per coloro che non rientrano direttamente nelle suddette categorie di rischio ma che hanno contatti stretti con soggetti che vi rientrano.
  • Il rischio di contrarre la malattia da meningococco C incrementa se si è contemporaneamente appartenenti a più dei suddetti gruppi (esempio: studente, fumatore, frequentatore di discoteche).

 

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La proposta di legge toscana sull'obbligo vaccinale
L’Emilia Romagna è stata la prima regione italiana a dotarsi di una legge regionale, adesso è il turno della Toscana.

L’assessore alle politiche sociali, allo sport e alla sanità Stefania Saccardi ha presentato alla Giunta regionale toscana la proposta di legge che prevede l’obbligo di effettuare tutte le vaccinazioni pediatriche raccomandate dal Piano nazionale prevenzione vaccinale come requisito per l’iscrizione ai nidi d’infanzia ed alla scuola materna.Il provvedimento oltre alle 4 vaccinazioni obbligatorie (contro il tetano, poliomielite, difterite e epatite b), richiede che siano eseguite anche le altre 9 raccomandate (contro morbillo, parotite, rosolia, varicella, pertosse, haemophilus influenzae, meningococco B, meningococco C, pneumococco). La proposta di legge passerà adesso in Consiglio per la discussione e l’approvazione e, secondo i piani della Regione, dovrebbe essere in vigore per l’inizio del prossimo anno scolastico.

Parallelamente gli assessori delle Regioni e delle Province autonome italiane, che si sono recentemente riuniti durante la giornata di verifica e avvio del nuovo Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019, avevano espresso al ministro della Salute Beatrice Lorenzin il loro favore nei confronti della realizzazione di una legge del tutto simile a quella adottata da Emilia-Romagna e Toscana, ma l’apparente consenso iniziale è stato rotto dalle posizioni nettamente contrarie di Lombardia e Veneto. Non sussistono dunque per il momento i presupposti per realizzare una legge nazionale.

Le coperture vaccinali in Toscana
I perché di tale scelta sono relativamente semplici: nel 2015 le coperture vaccinali in Toscana hanno registrato un ulteriore calo rispetto agli anni precedenti, con valori in linea a quelli nazionali ma oramai al di sotto della soglia raccomandata del 95% (ad eccezione del tetano).

Il calo più sensibile si sta registrando per il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (MPR), la cui copertura vaccinale, in Toscana, nonostante sia superiore alla media italiana, è lontana dal valore raccomandato del 95% ed è in sensibile calo: si è passati dal 92,6% del 2009 all’88,7% del 2015.
Anche la copertura contro la varicella, che si è attestata nel 2015 al 78,2%, è molto distante dal valore raccomandato, nonostante il fatto che il vaccino sia stato reso disponibile nella formulazione quadrivalente (morbillo, parotite, rosolia e varicella).

Tra le vaccinazioni raccomandate dal calendario vaccinale dell’età evolutiva, sono state introdotte negli ultimi anni la vaccinazione per lo pneumococco, quella per il meningococco C e quella per il meningococco B. Nel 2015 tali coperture sono risultate rispettivamente pari al 92,9%, 90,8% e 15,2% nei bambini; il basso valore di quest’ultima copertura è presumibilmente giustificato dal fatto che il dato 2015 si riferisce alla coorte dei nati nel 2013 per la quale il vaccino risultava ancora a pagamento con un costo decisamente elevato.


Coperture vaccinali in Toscana per MPR, pneumococco, meningococco C e varicella - dati 1999-2015

coperture vaccinali Toscana, grafico1

Tra le vaccinazioni hanno invece una copertura ancora in linea con il dato raccomandato quella contro la poliomielite (94,98%), il trivalente difterite/tetano/pertosse (94,95), l’epatite B (94,81%) e l’hib (94,57%).


Coperture vaccinali in Toscana per antipolio, DTP, epatite B e Hib - dati 1999-2015

coperture vaccinali Toscana, grafico2

Il fronte del “no obbligo” è in fermento
Come detto quindi, il provvedimento si è reso necessario in Toscana in seguito al calo graduale delle coperture vaccinali, che sono scese nel 2015, tutte ad eccezione del tetano, al di sotto della soglia necessaria per garantire la cosiddetta immunità di gregge (95%). Questa misura estrema, imponendo un obbligo, appare molto severa, anche in considerazione del fatto che nella maggior parte degli altri Paesi europei non esistono imposizioni in questo ambito. Del resto è evidente che proprio in questi Paesi è diffusa una conoscenza più matura dei rischi/benefici legati ai vaccini, che consente di raggiungere livelli di copertura mediamente più alti rispetto a quelli rilevati nel nostro Paese.

In Italia infatti si sta consolidando sempre di più una diffidenza nei confronti delle vaccinazioni, per alcune ragioni concorrenti come  ad esempio quelle legate all’associazione (inesistente) tra vaccini ed autismo, alle errate informazioni reperibile su web da siti non istituzionali, agli interventi sui media di persone non competenti in materia, ed anche, purtroppo, alla posizione contraria alla vaccinazione da parte di alcuni pediatri e medici di medicina generale. In un simile contesto si è così generata una reticenza di alcuni genitori a vaccinare, mettendo così potenzialmente a rischio la salute in prima persona dei propri figli ma anche quella di quei bambini che non potendo essere vaccinati per motivi legati alle proprie condizioni di salute risultano così indifesi nei confronti delle malattie. Con lo scopo di proteggere questi ultimi, ma più in generale l’intera collettività, è stata quindi proposta in Toscana la legge, che dovrebbe rafforzare la funzione della vaccinazione.
foto conferenza stampa meningite 28 dic 2016
I risultati delle due indagini epidemiologiche, avviate dalla Regione Toscana per individuare i gruppi di popolazione più a rischio ed i portatori sani, sono stati presentati ieri in occasione di una conferenza stampa in cui l'assessore al Diritto alla salute Stefania Saccardi ha annunciato anche le nuove misure regionali per contrastare la diffusione del meningococco C. Entrambe le indagini sono state condotte dall'Ars, con il supporto tecnico-scientifico dell'Istituto superiore di sanità e dell'Ausl Toscana Centro.

Portatori sani di Neisseria meningitidis nella popolazione toscana: risultati preliminari

Nel periodo 1 marzo - 1 giugno 2016 sono stati eseguiti 2.287 tamponi orofaringei in un campione di soggetti di età 11-45 anni che si sono recati per qualunque vaccinazione negli ambulatori della Ausl Toscana Centro (ex ASL di Firenze ed Empoli) e dell'Ausl Toscana Sud-Est (ex ASL di Siena e Grosseto), identificata come area di controllo. 

La prevalenza di meningococco è risultata pari al 2,5%: il principale sierogruppo riscontrato è il B (37 portatori sani = 1,6% del totale dei tamponi analizzati), seguito dall'Y (11 portatori = 0,5% del totale dei tamponi analizzati), mentre per il sierogruppo C i portatori rilevati sono stati 4 (0,17% del totale dei tamponi analizzati). Come sottolinea Fabio Voller, coordinatore dell'Osservatorio di epidemiologia dell'ARS, il dato rilevato in Toscana per il sierogruppo C è in linea con quanto riportato in letteratura da simili recenti studi condotti a seguito di importanti incrementi di casi di meningococco C: 0.2% in San Salvador (Brasile), 0.3% in uno studio multicentrico condotto in Inghilterra, 1.3% in Galicia (Spagna), 1% in Olanda, 1% Danimarca.

Malattia batterica invasiva da meningococco C in Toscana: indagine dei casi

Nel periodo 1 gennaio 2015 – 14 dicembre 2016 sono 58 i casi di malattia batterica invasiva (MBI) da meningococco C riportati in Toscana: nel biennio 2013-2014 i casi riportati erano solo 5. Nello specifico, i casi riportati nel 2015 sono 31 (53.4%), mentre quelli riportati nel 2016 fino al 14 dicembre sono 27 (46.6%), a cui vanno aggiunti gli ultimi due casi: un bambino di 4 anni, ricoverato al Meyer dal 17 dicembre inizialmente in condizioni molto gravi ma ora in miglioramento (il 26 dicembre la direttrice sanitaria del Meyer, Francesca Bellini, ha comunicato che le condizioni di salute del piccolo sono migliorate e che il bambino è si trova ora nel reparto di terapia sub-intensiva), ed il bambino di 22 mesi di Porcari ricoverato al Meyer ieri sera in gravissime condizioni e purtroppo deceduto presumibilmente per una sepsi meningococcica di tipo C tuttora in fase di accertamento definitivo. I numeri salgono quindi a 60 casi totali nel biennio 2015-2016, di cui 29 nel 2016.

I principali dati dell'indagine, condotta dall'Ars a partire dal 4 aprile 2016 ed effettuata analizzando le cartelle presso l'Unità di Igiene pubblica Asl, le cartelle cliniche presso i presidi ospedalieri e attraverso un'indagine diretta face-to-face con il caso e/o suoi familiari/ amici, sono riassunti nell'infografica che segue.

infografica meningite in Toscana






















zanzara dengue
I casi  a Firenze e gli interventi di controllo attivati
Il 9 settembre 2016 l’Unità di igiene e sanità pubblica dell’Azienda USL Toscana Centro a Firenze ha riportato due casi di malattia da virus Dengue, nel giro di poche ore, in soggetti rientranti da viaggi in zone tropicali endemiche.

Le indagini epidemiologiche condotte da medici ed assistenti sanitari hanno permesso di identificare come zone a rischio di trasmissione le aree che si trovano in Borgo Pinti, via della Colonna e nelle strade limitrofe, per quanto concerne il primo caso, e le aree del Quartiere 2 tra via Sant'Andrea da Verrazzano e le strade limitrofe, per quanto concerne il secondo caso.

L’amministrazione comunale ha immediatamente emanato un'ordinanza urgente per effettuare la disinfestazione delle zanzare nelle suddette zone frequentate dai malati. Entrambi i casi sono in buone condizioni cliniche. Il rischio di casi autoctoni secondari è molto basso, ma non escludibile.

La dengue è endemica in più di 100 paesi che si trovano in Africa, America latina, Sud-ovest dell’Asia, Regione del Pacifico e Regione del Mediterraneo occidentale.

Paesi in cui la dengue è endemica. Fonte: OMS.
dengue 2

Secondo l’OMS, la dengue rappresenta la malattia trasmessa da vettori a più rapida espansione.
A livello globale, 10 milioni di casi si verificano ogni anno, con circa 20-25mila morti, prevalentemente tra i bambini. 500mila persone vengono ricoverate ogni anno a causa delle complicanze della malattia.

Secondo i dati del Centro europeo per la prevenzione delle malattie infettive (ECDC), nel 2014 sono stati riportati 1.796 casi di dengue in Europa, con un tasso di notifica di 0,.42 per 100mila abitanti. Nella maggior parte dei casi erano viaggiatori rientranti da aree tropicali endemiche.
Il più alto tasso di notifica è osservato nel gruppo di età 15-24 e 25–44 anni.
Il numero di casi incrementa durante i mesi estivi, riflettendo di fatto le abitudini di viaggio della popolazione. Anche nel mese di gennaio viene registrato un picco di casi importati, probabilmente a causa delle vacanze invernali.
I casi riportati in Italia sono attribuibili a viaggiatori che rientrano da viaggi da aree endemiche. A causa delle presenza del vettore, la zanzara tigre, è reale il rischio di trasmissione locale del virus.

In Italia si sono contati 79 casi importati nel 2014, 108 nel 2015 e 44 nel 2016. In Toscana i casi importati sono stati 5 nel 2014, 5 nel 2015 e 4 nel 2016.
L’ECDC sta monitorando la presenza di Aedes aegypti a Madeira e studiando la possibilità di trasmissione della malattia attraverso le donazioni di sangue.
Nel 2016 sono in corso focolai epidemici di dengue in: Sri Lanka, Bangladesh, Malaysia, Singapore, Filippine, Barbados, Polinesia francese e Nuova Caledonia. Non sono disponibili dati sul continente Africano.
Nel 2014 e nel 2013 la Francia ha riportato casi di infezione localmente acquisita, la Croazia un piccolo focolaio epidemico nel 2010, mentre a Madeira (Portogallo) sono stati riportati casi autoctoni nel 2012-2013.

Che cos’è la dengue
La febbre dengue è una malattia virale ampiamente diffusa nelle aree tropicali e sub-tropicali, ed è trasmessa agli esseri umani dalle punture di zanzare del genere Aedes (del quale fa parte anche la zanzara tigre) che hanno, a loro volta, punto una persona infetta: non si ha contagio diretto tra esseri umani. La zanzara acquisisce il virus pungendo un essere umano infetto e, dopo circa sette giorni, il virus è presente nelle ghiandole salivari della zanzara, la quale rimane infettata a vita. Pungendo un altro essere umano non immune il virus viene iniettato nel soggetto, e il ciclo del virus si perpetua in tale modo.

I virus responsabili della malattia sono quattro (Den-1, Den-2, Den-3 e Den-4) e appartengono alla famiglia delle Flaviviridae, della quale fanno parte anche i virus di febbre gialla, West Nile, encefalite da zecca e chikungunya. I quattro virus della dengue non hanno cross-immunità, pertanto un soggetto può potenzialmente sviluppare la malattia quattro volte nella vita.

Ciclo di trasmissione della dengue legata a viaggi in zone endemiche con potenziale rischio di infezione delle zanzare tigri locali.
dengue ciclo di trasmissione

Aspetti clinici e sintomatologia

Dopo la puntura da parte di una zanzara infetta, la malattia ha un periodo di incubazione dai 3 ai 14 giorni (media 4-7). Il virus circola nel sangue della persona infetta per 2-7 giorni, e in questo periodo la zanzara può prelevarlo e trasmetterlo ad altri.
I principali sintomi includono febbre, mal di testa acuti, dolori attorno agli occhi, forti dolori muscolari e alle articolazioni, nausea e vomito, irritazioni della pelle che possono apparire sulla maggior parte del corpo dopo 3-4 giorni dall’insorgenza della febbre. I sintomi tipici sono spesso assenti nei bambini. Il 40-80% delle infezioni è asintomatico, e ciò rappresenta un importante problema di sanità pubblica nei Paesi dove la zanzara del genere Aedes è presente. I sintomi della febbre dengue raramente durano più di 10 giorni. Una minima proporzione di casi (<5%) può però andare incontro a complicanze severe ed una frazione di essi può essere fatale. La maggior parte dei casi severi e dei decessi avviene nei bambini e negli adolescenti, nei quali si può presentare con maggiore probabilità la forma clinica chiamata: Dengue shock syndrome.

Malattia e prevenzione: quali risposte
Al momento non sono disponibili ne’ vaccini ne’ profilassi pre- o post-esposizione. Nell’eventualità di casi di dengue, il Ministero della salute italiano raccomanda di implementare le seguenti attività di sorveglianza entomologica e controllo della Aedes albopictus:
  • Attivazione o potenziamento del monitoraggio nelle immediate vicinanze dell’abitazione del caso.
  • Trattamenti su suolo privato e pubblico, all’interno di un’area compresa entro 200 metri di raggio intorno all’abitazione del caso.
  • Ricerca e rimozione di focolai larvali domestici e peri-domestici.
  • Trattamenti adulticidi (1 ciclo): spaziale, con prodotti abbattenti; della vegetazione (erba alta, siepi, cespugli) fino a un’altezza di 3-4 metri.
  • Trattamento dei focolai larvali non rimovibili con prodotti larvicidi.
  • Informazione agli abitanti sulle misure da adottare per prevenire il contatto col vettore.
  • Replica di tutti gli interventi in caso di pioggia o nel caso in cui il monitoraggio indichi una scarsa efficacia del primo ciclo di trattamento.
  • In caso di epidemia ripetere comunque l’intero ciclo dopo la prima settimana, poi seguendo le indicazioni del monitoraggio di larve e adulti.

Per quanto riguarda i comportamenti individuali:
  • Evitare l’abbandono all’aperto di materiali che consentano all’acqua piovana di raccogliersi e costituire un focolaio di deposizione.
  • Eliminare le raccolte di acqua stagnante da sottovasi, copertoni, bidoni, secchi, ecc.
  • Coprire o trattare i recipienti di raccolta dell’acqua piovana destinata alle annaffiature.
  • Introdurre pesci rossi in vasche e fontane ornamentali.
  • Trattare i tombini di raccolta dell’acqua piovana ogni 7-10 giorni con prodotti larvicidi come il Bacillus thurigiensis Israeliensis.

Consigli per i viaggiatori verso aree endemiche:
  • La prevenzione si basa sulla protezione delle punture di zanzara.
  • Le zanzare del genere Aedes hanno attività prevalentemente diurna sia negli ambienti indoor che outdoor.
  • È raccomandato l’utilizzo di repellenti cutanei ove non controindicato da età e gestazione in atto.
  • È raccomandato l’utilizzo abiti lunghi chiari coprenti (t-shirt e pantaloni).
  • È raccomandato l’utilizzo di zanzariere sulle quali è possibile applicare i repellenti.
  • È raccomandato l’utilizzo dell’aria condizionata.

In Italia il vettore potenzialmente più competente è l'Aedes albopictus, meglio conosciuta come “zanzara tigre”, introdotta in Europa dal 1990 e attualmente stabile e diffusa in tutto il Paese fino a quote collinari, soprattutto nei centri abitati, dove stagionalmente può raggiungere densità  di presenza molto elevate.  La Aedes albopictus è stata già responsabile di casi autoctoni di dengue in Francia e Croazia.
Altre specie, di più recente importazione sono le Aedes koreicus e Aedes japonicus, attualmente diffuse in aree limitate in alcune regioni del Nord Italia (Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia).
Infine va considerata la Aedes aegypti, il vettore principale di molte arbovirosi, non presente in questo momento in Italia, ma la cui importazione potrebbe rappresentare un grande pericolo per la trasmissione autoctona di questi virus. La Aedes aegypti è correntemente presente a Madeira (Portogallo), dove ha provocato casi autoctoni nel 2012 e nel 2013

Mappa della presenza di Aedes albopictus, Aedes koreicus e Aedes japonicus in Italia -ultimo aggiornamento marzo 2016. In rosso le province dove si è stabilizzata la Aedes albopictus. In azzurro l’area dove è stata rilevata la presenza di Aedes koreicus e Aedes  japonicus.

dengue 3


stop epatite
Le epatiti virali rappresentano un rilevante problema di sanità pubblica per la prevalenza osservata, l’alta percentuale di casi clinicamente non manifesti, che rappresentano un’importante fonte di contagio, l’elevata percentuale di cronicizzazione dell’infezione, che può portare ad un’evoluzione verso la cirrosi epatica ed il carcinoma epatocellulare, cui conseguono un elevato numero di morti e infine per il rilevante impatto sociale nella vita di relazione.

A tutto ciò si aggiunge il significativo peso economico dell’infezione: non solo per i costi diretti, relativi al trattamento, ma anche per quelli indiretti, legati alla perdita di produttività ed alla morte prematura dei soggetti infetti. Questi costi aumentano esponenzialmente in relazione al progressivo aggravamento della malattia.

Date queste premesse, nel 2010, l'Organizzazione mondiale della sanità con la risoluzione WHA 63.18 ha riconosciuto l’epatite virale come un problema di salute globale e ha sottolineato la necessità di attuare misure per la sua prevenzione, diagnosi e trattamento. Il 24 maggio 2014, una risoluzione di follow-up rinnovava l’invito a tutti gli Stati membri a sviluppare e attuare strategie nazionali basate su dati epidemiologici.

Attualmente, uno degli obiettivi del Piano di prevenzione per le epatiti virali (PNEV) è quello di porre le basi per un accesso alle cure uniforme su tutto il territorio italiano, finalizzato alla salvaguardia della equità e della qualità che il SSN ha sempre garantito e che, alla luce delle recenti acquisizioni in termini di terapie innovative contro l’HCV, assicuri a tutti i pazienti l’accesso alle nuove terapie, per le quali sono documentati tassi di guarigione più elevati rispetto alle terapie disponibili in passato.

I più recenti trattamenti antivirali sono capaci di eradicare l’infezione nella maggior parte dei pazienti, anche in quelli precedentemente considerati “difficili da trattare”. La maggior difficoltà con questi nuovi trattamenti rimane il loro costo elevato, che rende difficoltosa la loro estensione ad un più elevato numero di pazienti infetti, soprattutto in aree a risorse limitate.

A fronte di questi grandi cambiamenti, numerosi studi sono stati condotti per comprendere qual è il “carico” delle epatiti virali a livello globale. In particolare, un recente lavoro di Stanaway et al., pubblicato su Lancet, ha valutato mortalità e morbidità causate da epatite virale acuta, cirrosi e cancro del fegato, conseguenti alle epatiti virali, stratificati per età, sesso e paese negli anni dal 1990 al 2013. E’ stata stimata la mortalità sulla base della storia naturale dell’epatite acuta e del Global burden, secondo un modello che comprende le cause di morte secondarie alla cirrosi e al cancro del fegato, la prevalenza totale, la percentuale imputabile a cause specifiche e l’attesa di vita (anni) corretta per disabilità.
I risultati dello studio mostrano che, tra il 1990 e il 2013, le morti per epatite virale a livello mondiale sono notevolmente aumentate passando da 0.89 milioni a 1.45 milioni. Sebbene l’aumento di mortalità assoluta e disabilità possano essere influenzate anche dai cambiamenti demografici, in particolare dalla crescita della popolazione, l'epatite virale rappresenta la settima principale causa di morte nel mondo, mentre era la decima nel 1990 e vaccini e nuovi trattamenti antivirali costituiscono un’importante opportunità per migliorare la salute pubblica.