antenatal screeningNegli ultimi anni la trasmissione e la cura delle malattie infettive rappresentano un argomento di grande attualità. Molto si è parlato della diffusione, anche in Europa, dell’infezione da virus Zika, della riemersione di patologie trasmesse per via sessuale, ma anche di nuovi trattamenti farmacologici in grado di curare forme infettive ritenute croniche. Bassa invece continua a rimanere l’attenzione verso l’efficacia dei sistemi di sorveglianza e screening prenatali, attività che se per la maggior parte della popolazione rappresenta la prassi, può non essere altrettanto vero nel caso di gruppi vulnerabili.

A questo proposito, l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), ha pubblicato il report Antenatal screening for HIV, hepatitis B, syphilis and rubella susceptibility in the EU/EEA nel quale si mette in evidenza come la diffusione madre/figlio di alcune patologie come HIV, epatite B, sifilide e rosolia sia ancora presente in alcune popolazioni ad alto rischio.

Nello specifico, per quanto riguarda l’HIV, tutti i paesi europei presi in esame registrano un incremento dello screening prenatale con una copertura di oltre il 95% sia nel primo trimestre che in un momento qualsiasi della gravidanza. In alcuni paesi il test è ripetuto durante la gravidanza, come raccomandazione generale, mentre in altri paesi come Francia, Grecia, Irlanda, Italia e Norvegia, questo è ripetuto solo nei gruppi a rischio per HIV.
Nel 2013, sono state segnalate 29.157 nuove diagnosi di HIV in 30 paesi europei. Il tasso complessivo per le donne è stato del 2.6 per 100.000 abitanti (range: 0.3 in Ungheria, 17.8 in Estonia). Tra le donne in gravidanza, la prevalenza più alta si registra in Estonia e Irlanda (oltre 0.3%), mentre in Lettonia, Romania, Spagna e Regno Unito risulta compresa tra lo 0.1% e lo 0.2% e inferiore allo 0.1% in 16 paesi europei.

Anche lo screening per il virus dell’epatite B (HBV) appare potenziato, con 23 su 26 paesi in cui risulta attivo (sono esclusi Lituania, Norvegia e Romania). Complessivamente la percentuale di copertura risulta superiore al 95%. Nonostante questo, nel 2013 sono stati riportati 2.896 casi di HBV cronica (in 28 paesi europei) e la trasmissione madre-figlio è risultata la via più comune (43.5%). Fatta eccezione per Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e Regno Unito, in cui la vaccinazione è rivolta solo a persone a rischio, tutti i paesi eseguono i programmi di vaccinazione universale anti-HBV nell’infanzia con una copertura compresa fra il 74% e il 99%. Nei paesi in cui normalmente la prima dose di vaccino non è offerta al momento della nascita, la vaccinazione è mirata ed è rivolta ai neonati di madri a rischio.

Anche per lo screening prenatale della sifilide tutti i paesi europei partecipanti hanno registrato un incremento. La maggior parte dei paesi effettua il test nel primo trimestre. La copertura dello screening risulta alta: 14 su 18 paesi riportano una copertura del 95%, mentre 3 registrano una copertura del 90%. Nel 2013, sono stati riportati 64 casi di sifilide congenita in 9 paesi, con tassi per 100.000 nati vivi compresi tra 0.3 (Germania) e 40.6 (Bulgaria).

Lo screening per la rosolia è attuato in 14 su 26 paesi. In dieci paesi, lo screening è stato interrotto a causa della bassa incidenza di rosolia e dell’elevata copertura vaccinale. Complessivamente la copertura risulta del 95%. Nel 2013, 45 dei 49 casi di rosolia congenita sono stati riportati in  Romania dove non è stato ancora implementato il programma di screening.

Mentre i tassi di trasmissione madre-figlio di HIV e sifilide congenita risultano inferiori agli obiettivi globali dell’OMS per l’UE/SEE (<50 casi ogni 100.000 nati vivi), la copertura dell'assistenza prenatale deve ancora essere raggiunta in diversi paesi. A questo dobbiamo aggiungere che pochi paesi hanno effettuato una raccolta dati sufficiente alla valutazione di efficacia dei programmi di screening adottati. A questo proposito, l’OMS sottolinea la necessità di sviluppare sistemi di sorveglianza in grado di registrare le malattie a trasmissione madre-figlio (MTCT) ampliando anche l’obbligo di notifica ad alcune patologie (vedi sifilide congenita) attualmente non prevista in molti paesi. Inoltre, sapendo che le MTCT colpiscono prevalentemente alcuni gruppi vulnerabili di popolazione, l’ECDC sta sviluppando una linea guida evidence-based al fine di rafforzare lo screening prenatale tra i gruppi maggiormente esposti. In particolare il documento tenta di rispondere a due domande centrali:
  • quali sono gli elementi decisivi dei programmi nazionali di screening prenatale infettivo e la loro efficacia
  • quali sono le modalità più efficaci per raggiungere i gruppi a rischio al fine di aumentare l’adesione agli screening prenatali e prevenire o ridurre la trasmissione materno-infantile delle malattie infettive
In Italia, fin dagli anni ’80 (Decreto Ministeriale 14 aprile 1984) sono stati definiti i protocolli di accesso agli esami di laboratorio e di diagnostica strumentale per le donne in stato di gravidanza (successivamente rivisti alla luce di nuove disposizioni) ai quali la regione Toscana ha aderito.
Attualmente in Toscana il 92,8% delle donne che partoriscono sul nostro territorio si è sottoposto agli esami previsti dal protocollo prenatale mettendo in evidenza una buona copertura territoriale.
immagine epatiteA seguito delle recenti scoperte farmacologiche, ha visto un notevole sviluppo la discussione scientifica riguardante la necessità e l’utilità, anche in termini di costo-efficacia, di eseguire uno screening di popolazione in grado di portare alla luce i casi non noti d’infezioni epatiche da virus B e da virus C. Numerosi studi hanno valutato l'efficacia e il costo-efficacia degli screening per l'epatite B (HBV) e l'epatite C (HCV) ma, per la loro specificità, spesso risultano eterogenei: in termini di popolazioni studiate (ad es. gruppi a rischio differenti in Paesi differenti), di strategie di screening adottate (mezzi di test differenti in una varietà di situazioni cliniche e comunità) e circa gli esiti misurati (ad es. infezioni rilevate, gli anni di vita guadagnati e di qualità degli anni di vita guadagnati - QALY). Altri studi, inoltre, differiscono in termini di metodi impiegati per valutare il rapporto costo-efficacia degli screening o anche dal tipo di modello economico utilizzato.

L’articolo Cost-Effectiveness of HBV and HCV Screening Strategies – A Systematic Review of Existing Modelling Techniques, svolgendo una revisione sistematica della letteratura, sintetizza e valuta criticamente i modelli economici esistenti per HBV e HCV e identifica le principali differenze metodologiche utilizzate negli studi, fornendo una prima risposta a questo importante quesito. La revisione sistematica, effettuata secondo i principi stabiliti da Campbell e dal Gruppo di metodologia economica della Cochrane Library, ha valutato inizialmente gli studi effettuati fino a novembre 2011 e, successivamente, sono stati aggiornati a luglio 2015. Complessivamente, per l’HBV, sono stati inclusi 16 studi su 3.108 reference, mentre per l’HCV sono stati inclusi 31 studi su 2.393 reference.

Le conclusioni a cui giungono gli autori risultano molto interessanti soprattutto riguardo alle differenze riscontrate tra i diversi gruppi di popolazione presi in esame. Nel caso dell’infezione da HBV l’analisi ha messo in evidenza che alcune popolazioni studiate in passato (come la popolazione generale) non dovrebbero essere al centro della ricerca futura in quanto vi è evidenza che lo screening non offre un risultato costo-efficacia. Al contrario, le prove esistenti suggeriscono che potrebbe essere una buona strategia costo-efficacia l’attività di screening effettuata in popolazioni migranti. Questo risultato non mostra modificazioni in base all’uso di diversi modelli economici adottati, alla valutazione dei QALY, degli anni di vita guadagnati, del numero di casi rilevati e del numero di infezioni impedite.

Per quanto riguarda l’HCV, l'avvento delle terapie antivirali ad azione diretta di ultima generazione (più efficaci, di durata più breve, più tollerabili dai pazienti e senza interferone) richiede un’analisi in termini di costo-efficacia distinta rispetto agli studi passati, avendo apportato profonde modifiche nel trattamento dell’infezione da HCV, Recenti studi condotti negli Stati Uniti hanno mostrato che lo screening per HCV eseguito su coorti di nascita (1946-1970) può risultare più appropriato rispetto allo screening basato sul rischio. Inoltre, il fattore costo-efficacia risulta sensibile anche alla prevalenza dell'HCV nella popolazione (sia in base ai genotipi che ai tassi di progressione da HCV cronica a cirrosi). Lo screening risulta “conveniente” quando la prevalenza è superiore a 2,5%. Un altro fattore importante è la perdita di qualità della vita. In questo caso lo screening viene considerato “non utile” se il valore QALY  è stato assunto come 0,02 sulle condizioni di base. In generale l’attività di screening per HCV risulta favorevole, da un punto di vista costo-efficacia, quando è in grado di identificare le fasi iniziali o avanzate della malattia.

immagine linee guida OMS per epatite BL’Organizzazione mondiale di sanità (OMS) ha recentemente pubblicato le prime linee guida per la prevenzione, la cura e il trattamento delle persone con infezione cronica da epatite B, per integrare quelle relative all’epatite C pubblicate nel 2014. L’obiettivo primario di queste linee guida è quello di fornire evidenze chiare in merito alla scelta dei farmaci da utilizzare e ai criteri per individuare i pazienti a cui somministrarli, in particolare nei paesi a basso e medio reddito, in cui le risorse sono limitate. Le linee guida considerano anche le esigenze di popolazioni specifiche, come le persone co-infette dall’HIV, i bambini, gli adolescenti e le donne in gravidanza.

Cos’è l’epatite B: prevenzione e trattamento
L’epatite B è un’infezione virale, che si diffonde attraverso sangue e fluidi corporei e provoca ogni anno circa 650mila morti. Causata da un virus a DNA che infetta il fegato, provoca necrosi epatocellulare e infiammazione. L’infezione da virus dell’epatite B (HBV) può essere acuta o cronica. L’epatite cronica B – definita come persistenza dell’antigene di superficie dell’epatite B (HBsAg) per sei mesi o più – è un grave problema di salute pubblica:  sono circa 240 milioni le persone con infezione cronica in tutto il mondo, in particolare nei paesi a basso e medio reddito. Questi malati presentano un maggior rischio di morte a causa di cirrosi e cancro del fegato

La vaccinazione contro l'HBV ha notevolmente ridotto incidenza e prevalenza dell’epatite B in molti paesi endemici, anche se si prevede che i programmi di vaccinazione non avranno un impatto sulla mortalità HBV-correlata fino a diversi decenni dopo la loro introduzione.
 
Gli agenti antivirali attivi contro l'HBV attualmente disponibili hanno dimostrato di sopprimere la replicazione virale, prevenire la progressione verso la cirrosi e ridurre il rischio di epatocarcinoma (HCC) e di mortalità legata alla patologia epatica. Il limite di queste terapie è la mancata eradicazione virale, inoltre questi trattamenti non sono ampiamente disponibili in paesi a basso e medio reddito. L’uso dell’interferone o dell’interferone pegilato è stato escluso da queste linee guida, in quanto il loro uso è meno fattibile nei paesi a basso e medio reddito a causa del loro costo elevato e dei significativi eventi avversi, che richiedono un attento monitoraggio.

Epatite B: sintesi delle raccomandazioni delle linee guida OMS
Queste linee guida promuovono l'uso di test diagnostici semplici e non invasivi per valutare lo stadio della malattia epatica, identificare i pazienti che necessitano un trattamento e assegnare priorità di trattamento a quelli con malattia epatica più avanzata e a più alto rischio di mortalità. Per trattare la malattia è raccomandato l'uso di due farmaci sicuri ed altamente efficaci, tenofovir o entecavir. E' inoltre raccomandato un monitoraggio regolare utilizzando semplici test per la diagnosi precoce del cancro del fegato, per valutare se il trattamento stia funzionando, e se possa essere interrotto. Le raccomandazioni per il trattamento delle persone con co-infezione HBV/HIV si basano sulle linee guida OMS 2013 sull'uso di farmaci antiretrovirali per il trattamento e la prevenzione dell'infezione da HIV, che verranno aggiornate nel corso del 2015.
Ma vediamo più in dettaglio quali sono le principali raccomandazioni delle nuove linee guida OMS per l'epatite B.

VALUTAZIONE NON INVASIVA INIZIALE E DURANTE IL FOLLOW-UP DELLO STADIO DELLA MALATTIA
Nei pazienti adulti in paesi con risorse limitate viene raccomandato l’APRI (rapporto tra aspartato aminotransferasi  e piastrine) come test diagnostico non invasivo per valutare la presenza di cirrosi (punteggio APRI>2). Si possono scegliere l’elastografia transiente (es. il fibroscan) o il fibrotest nei paesi in cui questi test sono disponibili ed il costo non rappresenti un vincolo importante (Raccomandazione condizionale, bassa qualità delle evidenze).

PERSONE CON EPATITE CRONICA B DA TRATTARE O NON TRATTARE
Chi trattare
Tutti gli adulti, adolescenti e bambini con epatite cronica B ed evidenza di cirrosi compensata o scompensata (o cirrosi in base al punteggio APRI>2 negli adulti), devono essere trattati, indipendentemente dai livelli di ALT, dallo stato di HBeAg o dei livelli di HBV DNA (Raccomandazione forte, moderata qualità delle prove).

Il trattamento è consigliato per gli adulti con epatite cronica B che non hanno evidenza clinica di cirrosi (o in base al punteggio APRI ≤2 negli adulti), ma che hanno un’età superiore a 30 anni (in particolare), e presentano livelli di ALT persistentemente anormali e alta replica virale (HBV DNA > 20.000 IU/mL), indipendentemente dallo stato di HBeAg. (Raccomandazione forte, moderata qualità delle prove).

Dove il dosaggio di HBV DNA non è disponibile, il trattamento può essere preso in considerazione sulla base di ALT persistentemente alterate, indipendentemente dallo stato di HBeAg (Raccomandazione condizionale, bassa qualità delle prove).

Raccomandazioni esistenti per coinfetti HBV/HIV
Negli adulti HBV/HIV coinfetti, La terapia antiretrovirale deve essere iniziata in tutti quelli con evidenza di una grave malattia epatica cronica, indipendentemente dalla conta dei CD4 e in tutti quelli con una conta < 500 cellule/mm3, indipendentemente dallo stadio di malattia epatica (Raccomandazione forte, bassa qualità delle prove)
antiretroviral drugs for treating and preventing HIV infection: recommendations for a public health approach.  Queste linee guida saranno aggiornate nel 2015.

Chi non trattare ma continuare a monitorare
La terapia antivirale non è raccomandata e può essere differita in soggetti senza evidenza clinica di cirrosi (o in base al punteggio APRI < 2 negli adulti), e con livelli di ALT persistentemente normali e bassi livelli di replicazione di HBV DNA (HBV DNA <2.000 UI/mL), indipendentemente dallo stato HBeAg o dall’età (Raccomandazione forte, bassa qualità delle prove). Dove il dosaggio di HBV DNA non è disponibile, il trattamento può essere differito in soggetti HBeAg-positivi di età compresa tra 30 anni o meno e livelli persistentemente normali di ALT. (Raccomandazione condizionale, bassa qualità delle prove).

E’ necessario un monitoraggio continuo in tutte le persone con epatopatia cronica B, in particolare nei pazienti che non soddisfano i criteri sopra consigliati, per valutare se la terapia antivirale potrebbe essere indicata in una fase successiva per prevenire la progressione della malattia epatica. Fra questi pazienti sono inclusi: persone senza cirrosi di 30 anni o meno, con livelli di HBV DNA che oscillano tra i 2.000 e i 20.000 UI/mL, o con livelli di ALT alterati a intermittenza. Qualora il test di HVB DNA non sia disponibile: le persone senza cirrosi di 30 anni o meno, con livelli persistentemente normali di ALT, indipendentemente dallo stato di HBeAg.

TRATTAMENTI ANTIVIRALI DI PRIMA LINEA PER L’EPATITE CRONICA B
In tutti gli adulti, adolescenti e bambini di età ≥ 12 anni in cui è indicata la terapia antivirale sono raccomandati gli analoghi nucleos(t)ici che hanno un alta barriera alla resistenza genetica (tenofovir o entecavir). Entecavir è raccomandato nei bambini di età 2-11 anni. (Raccomandazione forte, moderata qualità delle prove). Gli analoghi con bassa barriera alla resistenza (lamivudina, adefovir o telbivudina) possono indurre resistenze e non sono raccomandati. (Raccomandazione forte, moderata qualità delle prove)

Raccomandazioni esistenti per coinfetti HBV/HIV
In adulti coinfetti, adolescenti e bambini di età≥ 3 anni, tenofovir + lamivudina (o emcitrabina) + efavirenz come combinazione a dose fissa è raccomandata come opzione preferita per iniziare ART. (Raccomandazione forte, moderata qualità delle prove).
 
TRATTAMENTI ANTIVIRALI DI SECONDA LINEA
In persone con resistenza antivirale confermata o sospetta (cioè storia di una precedente esposizione o non risposta alla lamivudina, entecavir, adefovir o telbivudina), si consiglia il passaggio al tenofovir. (Raccomandazione forte, bassa qualità delle prove)

Le linee guida riportano poi raccomandazioni precise su quando interrompere il trattamento, oltre che per il monitoraggio della progressione di malattia e la risposta al trattamento in persone con epatite cronica B, prima, durante e dopo il trattamento.

PREVENZIONE
Sulla vaccinazione infantile e neonatale contro l’epatite B, esistono già le raccomandazioni OMS

Prevenzione della trasmissione di HBV da madre a figlio con terapia antivirale
Nelle donne in gravidanza HBV monoinfette, le indicazioni sono uguali a quelle per gli adulti: viene raccomandato tenofovir. Non esiste nessuna raccomandazione per l’uso della terapia antivirale per prevenire la trasmissione di HBV madre-figlio.

Raccomandazioni esistenti nelle donne HIV-coinfette durante gravidanza e allattamento
Le donne HIV-coinfette in gravidanza ed allattamento (comprese le donne nel primo trimestre di gravidanza e le donne in età fertile) richiedono una combinazione a dose fissa di tenofovir + lamivudina (o emtricitabina) + efavirenz come prima linea di terapia antiretrovirale.
immagine tubercolosiSi è celebrata il 24 marzo la Giornata mondiale per la lotta contro la tubercolosi, che anche quest’anno ha rappresentato un’occasione per focalizzare l’attenzione sulla malattia - che in Europa causa mille nuovi ammalati al giorno (dati 2013) - e su aspetti fondamentali come la prevenzione ed il trattamento. Nel periodo 2000-2013 sono state infatti salvate 37 milioni di vite, a livello globale, proprio grazie a diagnosi e trattamento efficaci. In occasione della giornata 2015 molti sono i nuovi documenti pubblicati a livello europeo e mondiale: vediamo i principali, che abbiamo anche raccolto nella sezione Link della nostra pagina tematica Sorveglianza delle malattie infettive.

I nuovi documenti sulla tubercolosi
ECDC.
Tuberculosis surveillance and monitoring in Europe 2015
In base ai nuovi dati pubblicati in questo documento, curato dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) insieme all’Ufficio regionale europeo dell’Organizzazione mondiale di sanità, nel 2013 sono stati 64.844 i casi di tubercolosi riportati dai 30 paesi dell’Unione europea (UE) e dello Spazio economico europeo (SEE). Il tasso di notifica per il 2013 si attesta a 12,7 casi per 100mila abitanti: rispetto al 2012 c’è una riduzione dei casi del 6% (i casi notificati nel 2012 erano stati 68mila). Per quanto riguarda l’Italia, il tasso di notifica è decisamente inferiore alla media UE/SEE: nel 2013 è stato di 5,3 casi per 100mila abitanti, ma invariato rispetto al 2012 (nel 2013 i casi notificati sono stati in totale 3.153, contro 3.142 del 2012 – vedi la scheda dati Italia per maggiori dettagli ). Nell’intera Regione europea OMS (costituita da 53 paesi) nel 2013 sono stati 360mila i casi di tubercolosi stimati: in media 39 casi per 100mila abitanti. L’85% dei casi si manifesta nei 18 paesi cosiddetti ad alta priorità: Armenia, Azerbaijan, Belarus, Bulgaria, Estonia, Georgia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Latvia, Lituania, Moldova, Romania, Russia, Tajikistan, Turchia, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan.  I maggiori sforzi per combattere e prevenire la tubercolosi in Europa devono quindi ancora essere concentrati in questi paesi.

A livello generale continua il trend in diminuzione degli ultimi dieci anni (i casi di tubercolosi sono diminuiti nel 2013 in 19 dei 30 paesi UE/SEE), ma non è sufficiente per eliminare completamente la malattia entro questo secolo.

ECDC Evidence Brief. Tuberculosis in Europe: from passive control to active elimination – high- and low-incidence countries
Nonostante la bassa incidenza e la riduzione significativa dei casi di tubercolosi negli ultimi 10 anni, non tutti i paesi dell’Unione europea (UE) e dello Spazio economico europeo (SEE) stanno facendo progressi nella stessa maniera. Nei paesi a bassa incidenza i tassi sono stabili o stanno diminuendo molto lentamente: la maggioranza dei pazienti sono di origine straniera. I paesi ad alta incidenza hanno in generale tassi di re-infezione più alti e registrano molti più casi multifarmaco-resistenti.

WHO. Fact Sheet n. 104 (aggiornamento marzo 2015)
L’organizzazione mondiale di sanità ha aggiornato la scheda sulla tubercolosi. Nel 2013 si sono ammalati di tubercolosi 9 milioni di persone nel mondo, e 1,5 milioni sono morti a causa della malattia: oltre il 95% delle morti avviene nei paesi a basso-medio reddito. Dopo l’HIV/AIDS, si tratta del secondo maggior killer mondiale per causa legata a un singolo agente infettivo. Le stime delle persone che si ammalano di tubercolosi stanno diminuendo anno dopo anno, anche se molto lentamente.

WHO. Toolkit to develop a National Strategic Plan for TB prevention, care and control
Un programma nazionale strategico per la cura ed il controllo della tubercolosi costituisce lo strumento chiave per sviluppare politiche efficienti di controllo della malattia nei singoli paesi. L’organizzazione mondiale di sanità ha messo a punto questo strumento per aiutare i singoli paesi ad elaborare programmi nazionali strategici efficienti.

I dati aggiornati a livello europeo sulla tubercolosi sono disponibili sull’Atlante ECDC di sorveglianza delle malattie infettive, uno strumento web-based che consente l’accesso ai dati di sorveglianza europei, ricercabili per malattia/regione/periodo.
 
immagine malattie infettive  Nonostante i successi ottenuti nella prevenzione delle malattie infettive, grazie alle migliorate condizioni igienico-sanitarie e alle vaccinazioni, la loro sorveglianza rappresenta ancora una priorità di salute pubblica soprattutto per via del riaccendersi di patologie infettive considerate in via di eradicazione o della comparsa di patologie finora sconosciute. In Italia - e quindi in Toscana - è attivo il Sistema informativo delle malattie infettive e diffusive, a cui negli anni si sono affiancati sistemi di sorveglianza speciali.  

Dopo il Documento ARS n. 79 del 2014, che contiene una dettagliata analisi dell’andamento in Toscana dal 1994 al 2011 delle malattie infettive oggetto di notifica obbligatoria e delle coperture vaccinali, l’ARS ha recentemente pubblicato il documento n. 5 della serie In Cifre Malattie infettive in Toscana 2012. Quest’ultimo documento inaugura il primo aggiornamento annuale sulle malattie infettive ed è uno strumento più fruibile e maneggevole, che permette la lettura dei dati con maggiore immediatezza. Sono state esaminate le malattie infettive dell’età evolutiva, le malattie trasmesse per via aerea, quelle trasmesse con gli alimenti, le epatiti virali acute, le malattie a trasmissione sessuale, quelle trasmesse da vettori e il tetano.

Morbillo, rosolia, parotite, pertosse, varicella
In Toscana nel corso degli anni si è registrata una progressiva riduzione del numero dei casi per le prime 4 patologie grazie all’incremento delle coperture vaccinali. Nel 2012 la copertura vaccinale per morbillo, parotite e rosolia ha raggiunto il 91,1% dei bambini di età inferiore ai 24 mesi; quella contro la pertosse (associata al vaccino antidifterico e antitetanico) il 95,1%. La varicella è ancora una patologia frequente: la copertura contro la varicella nel 2012 è dell’84%, lontana dal valore di raccomandato del 95%, ma in aumento dal 2010, quando il vaccino ha cominciato ad essere disponibile nella formulazione quadrivalente (morbillo, parotite, rosolia e varicella).

Malattie trasmesse per via aerea
Nel 2012 in Toscana sono stati notificati 305 casi di tubercolosi, 31 casi di micobatteriosi non tubercolare, 18 casi di meningite meningococcica, 134 casi di meningoencefaliti virali e 115 casi di legionellosi. L’andamento dei casi è costante nel tempo, tranne che per la micobatteriosi per cui nel 2012 si è registrato un picco (erano 18 casi nel 2011). Tubercolosi e meningoencefaliti virali hanno mostrato una netta prevalenza nei giovani adulti e negli anziani. La legionellosi è risultata una malattia dell’età adulta avanzata, mentre la meningite meningococcica dell’età infantile e giovanile. La tubercolosi ha registrato per i cittadini stranieri residenti in Toscana un tasso di notifica notevolmente più alto rispetto a quello degli italiani.

Malattie trasmesse con gli alimenti
In Toscana i casi di febbre tifoide, listeriosi e brucellosi sono sporadici. La salmonellosi (302 casi nel 2012) è in diminuzione negli anni, grazie alle politiche europee di controllo degli allevamenti avicoli, tradizionali serbatoi animali di salmonella. La diarrea infettiva non da salmonella, già in crescita da diversi anni, ha fatto registrare nel 2012 un picco di casi (1.004 rispetto ai 534 notificati nel 2011).

Epatiti virali acute
In Toscana i casi di epatite A sono stati 19, 52 quelli di epatite B e 10 quelli di epatite C. Per tutte e 3 le patologie si conferma una lenta riduzione del numero di casi notificati, attribuita sia alle migliorate condizioni igieniche e socioeconomiche, sia all’introduzione di misure preventive come lo screening del sangue e la vaccinazione dei soggetti in età evolutiva. L’epatite A, che si trasmette prevalentemente per via oro-fecale ha colpito soprattutto l’età infantile e adolescenziale. L’epatite B e l’epatite C, che si trasmettono per via sessuale, attraverso il sangue o verticale da madre a figlio e tendono alla cronicizzazione, hanno colpito soprattutto le classi di età giovane adulta e adulta avanzata. Per tutte e 3 le patologie la frequenza negli stranieri è superiore a quella degli italiani.

Malattie a trasmissione sessuale
I casi di sifilide sono stati 81, quelli di gonorrea 15. É continuato l’aumento del numero dei casi sifilide (nel 2011 erano 60), fenomeno osservato anche osservato in Europa e negli Stati Uniti: l’incremento si è verificato soprattutto nei maschi. Stabili invece i casi di gonorrea: sempre i maschi i più coinvolti. Entrambe le patologie coinvolgono soprattutto i giovani adulti. La sifilide presenta tassi di notifica maggiori negli stranieri rispetto agli italiani, mentre non sono stati registrati casi di gonorrea tra gli stranieri. Per quanto riguarda l’AIDS, si conferma l’assestamento delle nuove diagnosi a meno di 100 casi l’anno, come conseguenza dell’allungamento del tempo di incubazione per l’efficacia della terapia antiretrovirale combinata. Il maggior numero di infezioni da HIV non avviene più, come agli inizi dell’epidemia, per la tossicodipendenza ma la trasmissione avviene per via sessuale (sia eterosessuale che omosessuale). Molti dei nuovi sieropositivi, che hanno contratto il virus attraverso sessuali non protetti, non sanno di esserlo e continuano a diffondere la malattia senza aver coscienza del rischio. Ma quello che preoccupa è la diagnosi tardiva dell’infezione da HIV: 1 caso su 5 è già in AIDS conclamato quando gli viene diagnosticata la sieropositività. Per maggiori info su HIV e AIDS leggi anche la nostra news  1 dicembre 2014, World AIDS Day: stabili i casi di HIV e AIDS in Toscana, ma la diagnosi è spesso tardiva

Malattie trasmesse da vettore
Molte delle malattie infettive trasmesse all’uomo da vettori (zanzare, flebotomi, zecche…) sono state a lungo confinate solo nelle zone tropicali. Negli ultimi anni, invece, i cambiamenti climatici, l’aumento degli scambi commerciali internazionali e dei viaggi per turismo o per lavoro, stanno creando le condizioni per la loro esportazione in aree tradizionalmente indenni. Nell’ultimo decennio in Italia, come in Europa, sono aumentati i casi importati ed autoctoni di alcune arbovirosi molto diffuse nel mondo, come la dengue, la febbre chikungunya e la malattia da virus West Nile. Accanto a queste, anche il rischio di reintroduzione di malattie considerate eradicate, come la malaria. Nel 2012 in Toscana si sono registrati 10 casi di Dengue e 33 di malaria, tutti importati.

Tetano
In Toscana nel 2012 il SIMI ha registrato 8 casi di tetano, valore leggermente inferiore a quello medio italiano, ma il doppio di quello europeo. Quasi tutti i casi sono in ultra64enni, perché la malattia non è contagiosa e non si raggiunge la protezione indiretta della popolazione generale, ma anche per la riduzione nel tempo della protezione immunitaria. Di qui l’importanza della vaccinazione anche in età adulta con dosi di richiamo.


 

immagine Epatiti croniche in ToscanaARS NEWS - 30/10/2014
All’United European Gastroenterology Week, il più grande e prestigioso appuntamento per gli operatori del settore in Europa, quest’anno ha partecipato anche l’Agenzia regionale di sanità della Toscana con un lavoro sul rischio di morbilità per epatopatie croniche HCV e HBV correlate.