Cambiamento climatico, risultati e prospettive ancora scarsi al termine della Conferenza di Belém
Gli argomenti trattati in questa news:
- Il vertice annuale della Conferenza delle Parti (COP)
- COP 30 Belém, nel cuore dell'Amazzonia
- I sei punti dell'Agenda COP30 2025
- Contrasto al cambiamento climatico, qualche passo avanti e molti arretramenti
- Integrare clima e salute nella pianificazione nazionale
- La finanza resta al centro
- I contributi finanziari dell’Italia aumentano, ma non abbastanza
- Le comunità indigene e la società civile come garanti di un processo di transizione reale
- La Mutirão Decision
- Un risultato finale insufficiente
Il vertice annuale della Conferenza delle parti (COP)
La Conferenza delle parti (COP) è un vertice annuale in cui si riuniscono tutti i paesi che hanno firmato la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc). Lo scopo delle COP è quello di stabilire obiettivi e azioni volte a ridurre le emissioni di gas serra e contrastare il cambiamento climatico, con il contributo di scienziati, società civile e rappresentanti del settore privato.
La Convenzione quadro è stata firmata nel 1992 e non contiene solo indicazioni sui limiti alle emissioni, ma prevede, appunto, che i paesi partecipanti si riuniscano annualmente in una Conferenza delle parti e che negozino protocolli e accordi vincolanti.
Il primo protocollo derivato dalla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici è stato il “Protocollo di Kyoto”, firmato durante la terza Conferenza delle parti nel 1997.
Un altro accordo molto importante è quello raggiunto durante la ventunesima Conferenza, tenutasi a Parigi nel 2015, dove fu firmato lo storico “Accordi di Parigi”. L’Accordo prevede che i paesi partecipanti si impegnino a mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali e limitare l’aumento a 1,5°C.
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COP 30 Belém, nel cuore dell’Amazzonia
Dal 10 al 21 novembre 2025 si è tenuta a Belém (Brasile) la 30a Conferenza delle parti.
La scelta della città è significativa: Belém si trova nel cuore dell’Amazzonia, una delle regioni più importanti per la stabilità del sistema climatico globale, ed oggi rappresenta un’area vulnerabile a rischio deforestazione, incendi, estrattivismo e pressioni socio-economiche.
Nel 2025 ricorre il decennale dell’Accordo di Parigi, un decennio tra il più caldo mai registrato a livello globale, con eventi estremi sempre più frequenti. L’ONU ha purtroppo ammesso ufficialmente che l’obiettivo di limitare il riscaldamento a +1,5°C sarà probabilmente superato nei prossimi anni.
Il filo conduttore di tutta la conferenza di Belém è stata la volontà di alzare il livello di ambizione sull’azione climatica, nonostante un contesto geopolitico complesso, fatto di guerre commerciali, guerre reali e incertezze economiche che alimentano le crisi e il costo della vita.
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I sei punti dell'Agenda COP 30 2025
I temi presenti nell’agenda di Belém attorno a cui ruoteranno i negoziati e su cui si troveranno a discutere i leader politici sono ampi e ambiziosi:
- la transizione di energia, industria e trasporti verso tecnologie pulite;
- la tutela di foreste, oceani e biodiversità;
- la trasformazione dell’agricoltura e dei sistemi alimentari;
- la costruzione di resilienza per città, infrastrutture e risorse idriche;
- lo sviluppo umano e sociale sostenibile;
- il potenziamento e la mobilitazione di strumenti finanziari e tecnologici per il clima.
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Contrasto al cambiamento climatico, qualche passo avanti e molti arretramenti
L’accordo di Parigi sul clima richiedeva ai paesi di presentare ogni cinque anni piani climatici sempre più ambiziosi. In tali piani i governi sono chiamati a indicare l’entità della riduzione delle emissioni che intendono conseguire e ogni proposta dovrebbe essere più alta della precedente, portando a un taglio progressivo delle emissioni (per contenere il riscaldamento globale a un grado e mezzo entro la fine di questo secolo).
Il 2025 segna la scadenza per la presentazione di un nuovo ciclo dei piani d’azione per il clima, i Nationally Determined Contributions (NDC) presentati da ogni paese. Gli NDC sono parte integrante dell’accordo di Parigi, che impone a ciascuna parte di comunicare le proprie azioni per il clima, al fine di progredire verso l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.
Il 5 novembre 2025 i ministri UE dell’ambiente hanno approvato un NDC aggiornato che copre il periodo fino al 2035. Il nuovo NDC ribadisce l’obiettivo dell’UE di conseguire una riduzione netta del 55% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030.
Sul tema del riscaldamento globale, il mondo non è riuscito a evitare che il riscaldamento globale superasse 1,5° C, che era l’obiettivo principale dell’Accordo di Parigi. Anzi, procediamo verso un pericolosissimo riscaldamento di 2,3-2,5°C. Inoltre, l’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi potrebbe compromettere ulteriormente gli sforzi per rallentare l’aumento delle temperature.
La COP 30 di Belém ha posto particolare attenzione anche all’adattamento. Ciascun Paese deve disporre di Piani nazionali di adattamento (PAN). Tuttavia, l’attuazione di questi piani appare ancora molto limitata. Diverse nazioni faticano a mobilitare i finanziamenti necessari per realizzare le priorità di adattamento al clima delineate nei loro piani.
Un altro dei principali temi di discussione durante i negoziati ha riguardato il tema dei combustibili fossili. Nel documento finale si riconosce che le traiettorie attuali non sono compatibili con gli scenari Net Zero by 2050, indicando la necessità di un picco emissivo globale entro il 2025-2027.
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Integrare clima e salute nella pianificazione nazionale
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in occasione della conferenza ha prodotto il COP30 Special Report on Climate and Health che fornisce le basi scientifiche del Belém Health Action Plan (BHAP), il primo piano d’azione proposto a una COP per l’adattamento del settore sanitario ai rischi climatici. Il BHAP propone misure operative per integrare clima e salute nella pianificazione nazionale, rafforzare la preparazione dei servizi sanitari e proteggere le comunità più esposte. La stessa OMS, poi, ricorda la necessità e l’importanza di coinvolgere attivamente le comunità locali, in particolare quelle indigene e più vulnerabili, nella progettazione e nell’attuazione delle politiche sanitarie.
Nonostante sia ampiamente riconosciuta la rilevanza di questi rapporti e delle indicazioni e sempre più stati si stiano impegnando a sviluppare un piano nazionale clima-salute, la barriera più importante alla loro implementazione rimane sempre la stessa: quella finanziaria.
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La finanza resta al centro
La finanza è stata, purtroppo, nuovamente protagonista dei negoziati.
La COP29 aveva stabilito l’obiettivo di 1.300 miliardi di dollari di finanza climatica da mobilitare collettivamente ogni anno entro il 2035 tra contributi pubblici e risorse private, compresi i contributi delle economie meno sviluppate. Tali fondi dovrebbero facilitare l’accesso dei Paesi a basso reddito alla finanza per il clima e permettere di arrivare a risultati migliori in aree chiave come adattamento, perdite e danni, energia pulita, natura, sistemi alimentari e transizioni giuste ed eque. Le risorse messe a disposizione dalle economie più solide a favore degli Stati a basso reddito più vulnerabili attualmente si collocano ben al di sotto dei 1.300 miliardi di dollari stimati.
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I contributi finanziari dell’Italia aumentano, ma non abbastanza
L’Italia, in qualità di firmatario della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico e degli Accordi di Parigi, e di Paese classificato come sviluppato, ha l’obbligo di fornire sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo, al fine di favorire l’attuazione delle politiche climatiche.
Negli ultimi anni i contributi finanziari per il clima da parte dell’Italia sono aumentati, passando da 3,02 miliardi di dollari nel 2021 a 3,40 miliardi di dollari nel 2023. Tale importo, tuttavia, copre solo il 73% della quota equa stimata per l’Italia, valutata tra 4,6 e 4,8 miliardi di dollari all’anno in base al peso dell’economia, della popolazione e delle emissioni storiche del Paese.
Nel 2022 l’Italia ha istituito il Fondo italiano per il clima con una dotazione di 840milioni di euro all’anno.
Nel 2023, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha promesso di voler contribuire con 300 milioni di euro al Green Climate Fund e con 100 milioni di euro al Fondo per le perdite e i danni. Tuttavia, l’Italia si è rivelata lenta nel confermare gli impegni presi e nell’erogare i contributi promessi. Finora è stato effettivamente stanziato solo un terzo delle risorse allocate al Fondo italiano per il clima.
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Le comunità indigene e la società civile come garanti di un processo di transizione reale
Durante la COP 30 la società civile è tornata protagonista e parte attiva. La presenza della società civile nei negoziati non è solo simbolica, ma serve a riconoscere che il processo di transizione, per essere reale e non solo dichiarato, deve garantire equità sociale, diritti dei lavoratori, sostegno ai territori e partecipazione delle comunità.
Inoltre, circa un migliaio di organizzazioni della società civile internazionale hanno richiesto di istituire il Belèm Action Mechanism (BAM), un meccanismo multilaterale che renda la Just Transition un impegno globale e verificabile e che sia integrata come parte strutturale nei negoziati.
Anche le comunità indigene dell’Amazzonia hanno avuto un ruolo centrale e strategico, chiedendo il riconoscimento formale della loro leadership come custodi della biodiversità e spingendo per decisioni climatiche che integrino i diritti della Natura e la giustizia climatica, non solo la tecnologia, chiedendo un controllo diretto sui finanziamenti e il rispetto dei territori ancestrali.
L’attivismo del popolo ci ricorda che senza la partecipazione delle persone che vivono ogni giorno gli impatti della crisi climatica, la transizione rischia di ridursi a una trattativa sterile, lontano dal territorio e dalle persone che lo abitano.
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La Mutirão Decision
La Mutirão Decision è l’accordo finale approvato alla COP30 di Belém. Il termine mutirão nella cultura brasiliana indica un lavoro collettivo di comunità per un obiettivo comune: la mobilitazione globale contro la crisi climatica.
Con la Mutirão Decision i paesi membri:
- riaffermano l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C;
- richiamano il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti dei popoli indigeni, delle comunità locali e delle persone di origine africana;
- riconoscono il ruolo delle città, delle imprese e della società civile nell’attuazione delle politiche climatiche.
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Un risultato finale insufficiente
Sono trascorsi tre decenni dalla prima COP e nel frattempo la crisi climatica si è trasformata da minaccia lontana a emergenza umanitaria, sanitaria ed economica. La comunità scientifica ha invocato interventi decisi, ma questa richiesta si scontra con gli interessi degli Stati, delle imprese e degli investitori.
Nonostante le ottimistiche premesse pre-inizio conferenza, la COP30 non è riuscita a raggiungere il salto di qualità atteso, soprattutto in termini di risultati, ed ha fallito nel tracciare l’uscita dai combustibili fossili con obiettivi di breve termine.
Nel documento finale, la Mutirão Decision, non si cita mai direttamente il petrolio, il carbone e il gas, non è incluso un piano condiviso per la riduzione graduale e definitiva delle fossili e non si affronta in modo esplicito la riforma dei sussidi ai combustibili fossili.
Molti paesi, tra cui membri dell’UE, giudicano il risultato finale insufficiente e lo considerano un compromesso al ribasso rispetto al segnale politico arrivato dalla COP 28 di Dubai.
Va anche segnalato, purtroppo, che alla conferenza erano assenti i leader di quattro delle economie più inquinanti del pianeta: Stati Uniti d’America, Cina, India e Russia, evidenziando così le attuali fratture nella cooperazione internazionale sul clima.
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- consulta il COP 30 Special Report on Climate and Health
- consulta il Belèm Health Action Plan
- vai ai Piani nazionali di adattamento
- scarica il PDF della Mutirão Decision
- consulta la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc)
- confronta gli Accordi di Parigi del 2015
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