Cambiamenti climatici, l’impatto del sistema sanitario


7/3/2024
Il settore sanitario contribuisce in maniera significativa a quella che l’Organizzazione mondiale della sanità considera una delle più gravi minacce per la salute e il benessere dell’uomo, ovvero la crisi climatica. A livello globale si stima un contributo pari al 4-5% delle emissioni di origine antropica di gas serra (anidride carbonica, metano, ozono, protossido di azoto, etc.) attribuibile ai sistemi sanitari nazionali.

Quali attività correlate ai sistemi sanitari sono maggiormente responsabili delle emissioni di gas serra?

Secondo il rapporto Lancet Countdown sull'impronta carbonica determinata dal Sistema sanitario nazionale inglese, la gran parte delle emissioni, circa il 60%, è attribuibile alla catena di approvvigionamento, cioè all’acquisto di beni necessari per portare avanti le attività del settore, e “solo” il 24% ad attività direttamente legate all’assistenza (per esempio, quelle derivanti dalla produzione/uso di energia necessaria per gli ospedali o quelle prodotte dai motori delle ambulanze).

Tra i prodotti della cosiddetta supply chain, il solo approvvigionamento di farmaci è responsabile di circa il 20% delle emissioni totali, seguono i dispositivi medicali e il cibo. Infine, è interessante notare come il 10% delle emissioni siano attribuibili agli spostamenti di pazienti, personale sanitario e visitatori.
impatto assistenza sanitaria fig1Figura 1. Fonti di emissioni di gas serra nel Sistema sanitario inglese. Rielaborazione da Tennison I et al.


La necessità di garantire cure eque e di qualità ad una popolazione che progressivamente invecchia e pertanto diventa sempre più vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico e dell’inquinamento atmosferico, in un contesto di razionalizzazione della spesa sanitaria, impone una urgente rivalutazione dell’assistenza in un’ottica di sostenibilità e co-benefici.

Quali sono le misure urgenti da mettere in campo nell’ottica di sistemi sanitari sostenibili?

Sono molteplici le azioni che i professionisti della salute, ad ogni livello di responsabilità, possono mettere in atto per contrastare la crisi climatica. Si riportano le più significative:
  • ridurre le emissioni degli ospedali e delle strutture sanitarie: promuovere l’utilizzo di fonti di energie rinnovabili; migliorare l’efficienza energetica; ottimizzare l’utilizzo degli spazi; aumentare gli spazi verdi; impiegare fonti luminose a tecnologie LED
  • limitare i trasferimenti e promuovere trasporti sostenibili: sviluppare strategie di telemedicina e di comunicazione digitale come alternativa ai colloqui diretti, compresi i convegni e gli incontri di formazione; impiegare ambulanze elettriche; realizzare depositi protetti per biciclette (con possibilità di bike-sharing); negoziare sconti per l’uso dei mezzi di trasporto pubblici
  • contenere il volume e la tossicità dei rifiuti sanitari: limitare, compatibilmente con la sicurezza del paziente, l’impiego di dispositivi monouso (spesso dettato da esigenze commerciali più che sanitarie); ridisegnare sistematicamente i dispositivi medici in una prospettiva di economia circolare; utilizzare materiali riusabili, riciclabili e rinnovabili, con impatto minimo sull’ambiente
  • promuovere la produzione e l’utilizzo di farmaci con minor impatto ambientale: limitare l’impiego di gas anestetici specie l’ossido nitroso e il desflurano (impatto sull’ambiente pari a 2mila volte quello della CO2); sostituire i potenti gas serra utilizzati come propellenti negli inalatori spray per l’asma; eliminare i materiali tossici dai processi produttivi, produrre confezioni con quantità minime; curare lo smaltimento differenziato
  • promuovere un’alimentazione sana e sostenibile: modificare i menu del personale e dei malati al fine di ridurre il consumo di carni lavorate, grassi saturi e cereali raffinati; valorizzare i prodotti locali e coltivati con metodi biologici; eliminare le bevande zuccherate dai distributori automatici, avviare progetti di recupero degli scarti alimentari e del cibo non consumato
  • eliminare gli sprechi e promuovere l’appropriatezza delle cure: la riduzione del sovrautilizzo di prestazioni sanitarie inutili e perfino dannose ha ricevuto negli ultimi anni molta attenzione da parte della letteratura scientifica, tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico la considerano una delle azioni prioritarie per il contenimento dell’impronta ecologica dei servizi sanitari. Su questo tema, negli ultimi anni, sono state avviate diverse importanti iniziative internazionali tra le quali ricordiamo Choosing Wisely, lanciata dagli Stati Uniti nel 2012 (oggi presente in 35 Paesi di 5 continenti) e ripresa nello stesso anno, in Italia, da Slow Medicine, con il progetto “Fare di più non significa fare meglio”, conosciuto anche con il nome Choosing Wisely Italy.

E proprio nell’ottica di un’assistenza sostenibile la Società europea di anestesiologia e terapia intensiva (ESAIC) ha presentato un documento di consenso sulla sostenibilità perioperatoria.
Riconoscendo dimensioni più ampie della sostenibilità, oltre quella ambientale, il documento riconosce gli operatori sanitari come pilastri per un’assistenza sostenibile e propone raccomandazioni in quattro aree principali:
  • emissioni dirette
  • energia
  • catena di approvvigionamento e gestione dei rifiuti
  • cura psicologica e personale dei professionisti sanitari.
Le raccomandazioni includono:
  • l'uso di un flusso molto basso di gas fresco
  • la scelta del farmaco anestetico
  • misure di conservazione dell'energia e dell'acqua
  • il ricorso alla politica delle "5R" Reject-Reduce-Reuse-Recycle-Repair
  • raccomandazioni per mantenere un ambiente di lavoro sano o sull'importanza dell'affaticamento nell’ambito della pratica clinica.
Le sintesi esecutive delle raccomandazioni sono disponibili come ausili conoscitivi che possono essere resi disponibili per una rapida consultazione in sala operatoria.

Anche il British Medical Journal, riconoscendo da tempo la gravità dell’emergenza climatica, ha condotto una campagna per ridurre le emissioni di carbonio nel settore sanitario e non solo. Recentemente ha reso disponibile una serie di studi in cui sono esposte le azioni tangibili che i medici possono intraprendere per ridurre l’impronta di carbonio dell’assistenza sanitaria. I lettori online possono anche utilizzare uno strumento interattivo collegato per trovare le azioni rilevanti, tenendo conto del loro ruolo e del luogo di lavoro.

Un’altra importante iniziativa a livello globale è rappresentata dalla rete internazionale Global Green and Healthy Hospital
Il GGHH è una rete internazionale di ospedali, strutture sanitarie, sistemi sanitari e organizzazioni sanitarie che si dedicano alla riduzione della loro impronta ambientale e alla promozione della salute pubblica e ambientale.
La rete Global Green and Healthy Hospitals conta oltre 1.900 membri in più di 80 paesi che utilizzano innovazione, ingegno e investimenti per trasformare il settore sanitario e promuovere un futuro sano e sostenibile.

Altrettanto importanti sono le iniziative a livello locale. Solo per citare un esempio, l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente, ISDE Italia, ha avviato in collaborazione con l’Agenzia Regionale per la protezione ambientale della Toscana (ARPAT) il progetto “Un tocco di verde al tuo ambulatorio”.
Il progetto offre molti spunti pratici di ciò che si può fare da subito negli ambulatori (pubblici e privati) a salvaguardia dell’ambiente. Le diverse azioni sono raccolte in 5 mosse:
  1. razionalizzare i consumi
  2. ridurre i fattori inquinanti
  3. fare acquisti “verdi”
  4. ridurre i rifiuti e il sistema di raccolta differenziata
  5. promuovere la sostenibilità ambientale.



Per saperne di più: