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L’accesso ai servizi di riabilitazione dopo frattura di femore, ictus e protesi di anca e ginocchio nel triennio 2021-23 in Toscana

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Come strumento di supporto alla programmazione, al monitoraggio e alla valutazione dei servizi di Zona-distretto e aziendali per la presa in carico riabilitativa dopo un evento acuto ortopedico e neurologico, è stato recentemente pubblicato l’aggiornamento degli indicatori nella sezione PrOTeR Riabilitazione delle banche dati ARS.

Quanto incidono le televisite nell’assistenza specialistica ambulatoriale

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Nel 2020, con la delibera n. 464 della Giunta regionale, Regione Toscana ha definito le modalità di prescrizione, accesso, erogazione, registrazione e individuazione della spesa per le attività di televisita e teleconsulto (visite e consulti erogati da remoto, collegandosi con l’assistito per via telematica), per assicurare la continuità assistenziale dei pazienti cronici in un contesto caratterizzato dalle misure di contenimento del contagio da Covid-19 (lockdown, chiusura ambulatori, restrizione degli accessi alle strutture).

Gli effetti indiretti della pandemia da Covid-19 sugli ospedali: aggiornamento primo semestre 2021

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La rete ospedaliera si è dovuta rapidamente adattare alla situazione emergente descritta nei precedenti capitoli, in seguito all’ordinanza del presidente della Giunta regionale n°8, emanata il 6 marzo 2020, con cinque giorni di anticipo rispetto alla dichiarazione di stato pandemico dell’Organizzazione mondiale della sanità (11 marzo 2020).

Cure ospedaliere, come valutare l'accesso garantito dalle Regioni?

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    Bibliografia essenziale

    1. Taylor SE, Repetti RL, Seeman T. Health psychology: what is an unhealthy environment and how does it get under the skin? Annu Rev Psychol 1997;48:411-47.
    2. Ham C (ed). Health Care Variations: Assessing the evidence. London: King’s Fund Institute, 1988.
    3. John Appleby J , Raleigh V, Frosini F, Bevan G, Gao H, Lyscom T. Variations in health care. The good, the bad and the inexplicable. London: King’s Fund Institute, 2011.
    4. Evans RG (1990). ‘The dog in the night-time: Medical practice variations and health policy’ in Andersen TF, Mooney G (eds), The Challenges of Medical Practice Variations, pp 117–52. London: Macmillan Press.
    5. Wennberg JE, Fisher ES, Skinner JS (2002). ‘Geography and the debate over Medicare reform’. Health Affairs website.

Come in altre discipline scientifiche, gli aspetti riguardanti la distribuzione geografica della popolazione oggetto di studio rivestono un grande interesse nelle analisi di tipo epidemiologico.

L’utilizzo di antibiotici in ospedale durante la pandemia, uno sguardo alla letteratura

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    box sezione tematica nuovo coronavirus

Nella cura dei pazienti con patologia da SARS-CoV2 è stata immediatamente chiara l’importanza di adottare estreme misure di igiene e infection control, al fine di ridurre il rischio di contagio tra operatori e tra pazienti. L’attenzione all’igiene delle mani e al corretto utilizzo dei dispositivi individuali di protezione sono ritenuti di fondamentale importanza, così come le misure di disinfezione.

Cure palliative in hospice nell’anno della pandemia da coronavirus

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L’epidemia da coronavirus che stiamo vivendo a partire dal febbraio 2020 ha cambiato in modo sostanziale l’organizzazione delle cure del nostro Servizio sanitario. In particolare, data l’elevata morbilità e letalità, è atteso un aumento dei bisogni di cure palliative della popolazione. Lo si comprende bene se rileggiamo la definizione di cure palliative: «l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici».[1]

Le restrizioni conseguenti alle misure di isolamento e riorganizzazione dell’assistenza sanitaria, tra cui la riduzione degli accessi ospedalieri o ambulatoriali per visite ed esami di controllo, può aver deteriorato la condizioni di salute delle persone affette da patologie croniche. Inoltre una quota di persone affette da COVID-19 ha sviluppato quadri morbosi con intense sofferenze, per cui l’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda con forza l’implementazione delle cure palliative in tempo di pandemia[2]. Questo autorevole richiamo trae ancor più significato se consideriamo quante persone con bisogni di assistenza e cura non hanno trovano le risposte appropriate per scarsità di risorse[3]. Una reazione dinamica del nostro Sistema sanitario dovrebbe dunque mirare non solo a massimizzare il numero di vite salvate ma anche a minimizzare la sofferenza di chi potrebbe non sopravvivere e più in generale di tutti gli ammalati.

I dati disponibili ad oggi, dicembre 2020, derivanti dai flussi amministrativi correnti di Regione Toscana, non ci permettono ancora di ricostruire uno scenario complessivo di ciò che è accaduto nel 2020 in termini di accessi alle cure palliative ed in particolare se i nostri servizi domiciliari e ospedalieri riescono a garantire l’assistenza a una quota più ampia di popolazione. Ci permettono però di comprendere ciò che sta accadendo negli Hospice e di confrontarlo con gli anni passati, per il momento limitatamente ai primi 9 mesi dell’anno.

Nella Regione Toscana da gennaio a settembre 2020 i ricoveri in hospice sono stati 2.107. Nell’80% dei casi si trattava di pazienti con una patologia oncologica, nel restante 20% pazienti affetti da varie cronicità (Neuropatie degenerative, demenze, malattie end-stage degli apparati cardiocircolatorio, respiratorio, digerente, genito-urinario). Complessivamente i ricoveri sono diminuiti del 13%, 325 ricoveri in meno, rispetto allo stesso periodo dei due precedenti anni (2018-2019). In particolare, nei mesi compresi tra febbraio e maggio 2020 tale riduzione risulta statisticamente significativa ed è imputabile principalmente ad un numero inferiore di accessi in Hospice da parte dei pazienti con tumore. Per i pazienti cronici non si osserva alcun cambiamento significativo, pochi erano i pazienti che vi accedevano nel 2018-2019 e pochi rimangono a tutt’oggi (figura 1).

Figura1 – Numero di ricoveri in hospice per singolo mese (gennaio-settembre). Confronto tra 2018-2019 vs 2020, con variazione percentuale.
                                                                         Totale ricoveri in hospice

fig1 totale ricoveri hospice
Ricoveri in hospice di pazienti con tumore
fig1B ricoveri hospice tumore
Ricoveri in hospice di pazienti con patologie croniche
fig1C ricoveri hospice croniche

Durante il 2020 (gennaio-settembre), i pazienti con tumore hanno effettuato meno ricoveri ospedalieri rispetto ai due anni precedenti e non risultano significative variazioni di mortalità intraospedaliera. Si può dunque ipotizzare che il rischio di contrarre il virus non abbia modificato il casemix dei pazienti con tumore che si sono ricoverati in ospedale (figure 2-3).

Tra il 2018 e il 2020 non è cambiato significativamente il numero di pazienti in hospice provenienti dall’ospedale (tumori: 1066 vs 979; cronici: 290 vs 293). Sono invece diminuiti significativamente i pazienti provenienti dal domicilio, sia assistito con cure palliative domiciliari attive/struttura socio-sanitaria residenziale (tumori: 560 vs 419), sia senza cure palliative domiciliari attive (tumori: 260 vs 205; cronici: 42 vs 30).

Rimane dunque l’ospedale la struttura di provenienza principale sia per i pazienti con tumore (58%) che per i pazienti cronici (72%).

Figura 2 – Numero di ricoveri ospedalieri per singolo mese (gennaio-settembre). Confronto tra 2018-2019 vs 2020, con variazione percentuale.
                                                                                                                
                                                                  Ricoveri in ospedale di pazienti con tumore

fig2 ricoveri ospedale tumore

Figura 3 – Percentuale di decessi ospedalieri per singolo mese (gennaio-settembre). Confronto tra 2018, 2019 e 2020.


Decessi in ospedale di pazienti con tumore
fig3 decessi ospedale tumore

Il tempo medio e mediano di attesa tra la richiesta e il ricovero in hospice è stato di 1 giorno e, confrontando i due periodi temporali (2018/2019 vs 2020), non emergono differenze significative anche se ci saremmo attesi un aumento del tempo medio da marzo 2020 in poi, poiché è da quel mese che per poter essere dimessi e spostati in qualunque altra struttura è necessario attendere il risultato del tampone molecolare per conoscere la positività o meno al coronavirus. Dunque è possibile che il flusso informativo non rilevi con grande precisione questo dato.

Durante il ricovero in hospice, le due figure che stabilmente nel corso degli anni accolgono il paziente sono l’infermiere (52%) e il medico palliativista (43%).
Lo psicologo invece risulta essere una figura professionale ancora poco presente, non solo durante l’accoglienza del nuovo paziente (nel 7% dei casi nel 2018 e nel 3% nel 2020) ma anche durante la sua degenza in hospice (addirittura soltanto nel 1% dei casi nel 2018 e nel 2% dei casi nel 2020), quando invece il suo intervento sarebbe ancor più necessario sia per il malato che per la sua famiglia.

Il decesso rappresenta, come atteso, la stragrande maggioranza delle modalità amministrative di “dimissione” dall’hospice; la dimissione a domicilio è avvenuta nel 5% dei casi con attivazione delle cure palliative, nel 5% senza alcuna attivazione, nel 2% con l’attivazione dell’assistenza domiciliare, un altro 2% è stato dimesso presso le strutture residenziali extra ospedaliere, resta un 1% per cui non è stata specificata la destinazione.

Come potevamo attenderci, complessivamente la degenza media dei pazienti ricoverati in hospice non è cambiata significativamente nei primi nove mesi del 2020: mediamente 9 giorni nel 2018/2019 e 8 nel 2020, mentre il dato mediano si è attestato su 5 giorni in entrambi i casi. Resta elevata la percentuale di pazienti che restano ricoverati in hospice con una degenza inferiore a 7 giorni: 61% per i tumori e 70% per le patologie croniche; le percentuali salgono ulteriormente (62% e 73% rispettivamente) se consideriamo i pazienti che decedono durante la degenza in hospice, con valori che non cambiano negli ultimi 3 anni.

Riflessioni conclusive
Nei primi nove mesi del 2020, quando ci saremmo aspettati un aumento dei ricoveri in Hospice dato il numero e la gravità dei quadri morbosi legati direttamente o indirettamente alla COVID-19, si è assistito a una riduzione degli accessi in Hospice, significativa nel periodo febbraio-maggio, quello corrispondente alla prima ondata epidemica.

Gli accessi in hospice sono principalmente rappresentati da pazienti oncologici, in una proporzione che non è cambiata rispetto allo stesso periodo dei due anni precedenti.

Con riferimento ai pazienti con tumore si è notata sia una riduzione di accessi in Hospice sia di ricoveri ospedalieri. Il numero assoluto di pazienti che sono stati ricoverati in Hospice con provenienza ospedale è rimasto invariato, anche a fronte di un numero inferiore di ricoveri ospedalieri che terminano con dimissione in vita.

Inoltre, si nota che i pazienti con tumore si sono ricoverati meno in ospedale a prescindere dalla loro gravità. Quindi nel 2020, considerando la diminuzione di ricoveri in hospice provenienti dal domicilio, l’ospedale ha inviato in hospice una proporzione maggiore di pazienti oncologici rispetto ai due anni precedenti.

Si sottolinea come la figura professionale dello psicologo resti marginale sia nella fase di accoglienza sia, ancor più, durante la degenza in Hospice.

Si conferma l’estrema tardività del ricorso al ricovero in Hospice, in quanto oltre il 60% dei pazienti oncologici che decedono in Hospice vi entrano solo nell’ultima settimana di vita, una percentuale che supera il 70% nei pazienti affetti da cronicità varie. Questo indicatore, avvalorato tra i più affidabili dalla letteratura internazionale, ci mostra come le cure palliative siano state attivate tutt’altro che tempestivamente nei primi mese del 2020, ed ancora molto resti da fare in tema di pianificazione condivisa delle cure, sia per i pazienti degenti in ospedale sia per quelli al proprio domicilio. Infatti, va sottolineato che da questa indagine risulta che l’accesso in Hospice proveniente dal territorio è diminuito significativamente, forse anche per il timore del contagio e l’impossibilità di avere accanto i propri cari. Infatti, è solo dal mese di dicembre 2020 che sono disponibili indicazioni sia a livello nazionale che regionale in tema di comunicazione tra l’assistito e la famiglia e di regolamentazione per l’accesso dei visitatori negli ospedali, negli Hospice e nelle Residenze sanitarie assistenziali[4], [5]

Nei prossimi mesi, quando avremo a disposizione i flussi amministrativi correnti relativi a tutto il 2020, compresi i dati aggiornati sulla mortalità in Toscana, potremo effettuare un’analisi più ampia, comprendete anche la quota di decessi al proprio domicilio con o senza cure palliative attivate.

In sintesi, questi dati preliminari sui primi mesi dell’emergenza COVID-19 mostrano quanto le cure palliative siano ancora lontane da una piena implementazione nel sistema di assistenza e cura regionale: di conseguenza, è molto opportuno il sollecito della Società Italiana di Cure Palliative ad includere le cure palliative nei Piani pandemici nazionali e regionali.

A cura di: 
F. Collini,  A. Zuppiroli, S. Forni, S. D’Arienzo, F. Gemmi – Agenzia regionale di sanità della Toscana
S. Pientini - Referente regionale per le Cure palliative



Note bibliografiche

  1. Legge 15 marzo 2010, n. 38. Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. 
  2. World Health Organization. (‎2018)‎. Integrating palliative care and symptom relief into primary health care: a WHO guide for planners, implementers and managers. World Health Organization. 
  3. Nouvet E, Sivaram M, Bezanson K, et al. Palliative care in humanitarian crises: a review of the literature. J Intern Human Action 2018; 3: 5-18
  4. https://www.iss.it/rapporti-covid-19/-/asset_publisher/btw1J82wtYzH/content/id/5549835 
  5. DGR 1642 del 21/12/2020. Presa d’atto delle proposte del tavolo tecnico costituito con la DGR 1433/2020 per garantire i contatti tra pazienti/ospiti e i loro familiari/caregiver o altre persone di fiducia, all’interno delle aziende sanitarie e negli enti del SSR nonché delle strutture socio sanitarie (RSA-RSD) 

L'antibiotico-resistenza in Toscana nell'anno della pandemia

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    1. Il gruppo SMART - Sorveglianza Microbiologica e dell’Antibiotico-Resistenza in Toscana: GM Rossolini (AOU Careggi); MG Cusi (AOU Senese, SIM sezione Toscana) , S Cresti (AOU Senese); S Barnini M Pistello (AOU Pisana); E Parisio, D Salamone, P Petricci, C Vettori (AUSL Toscana Nord-Ovest); L Bianchi, T Brunelli, C Dodi (AUSL Toscana Centro); A Rebuffat, T Batignani, I Galanti, S Valentini (AUSL Toscana Sud-Est); S Forni, S D’Arienzo, F Gemmi (ARS Toscana); P Pecile (AMCLI sez. Toscana); B Covello (ESTAR)

    Consulta e scarica il decreto del coordinatore dell'Osservatorio per la qualità ed equità ARS Toscana, n. 20, del 17 aprile 2020 "Integrazione della Rete di Sorveglianza Microbiologica e dell'Antibiotico Resistenza Toscana (SMART)"



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Dall'inizio del 2020, la pandemia di nuovo Coronavirus (SARS-CoV2) ha provocato la morte di oltre 250.000 pazienti solo nell'Unione Europea e nel Regno Unito. Ma, al pari della Covid-19, anche le infezioni batteriche sostenute da germi con resistenza antimicrobica (AMR) sono ad oggi paragonabili ad una pandemia in corso, che in questo particolare momento può passare inosservata, ma che, come ogni anno, anche nel 2020, sarà responsabile della morte di oltre 30.000 persone.

Come è cambiato l’ictus in Toscana durante il lockdown

Con l’avvento della pandemia il sistema sanitario ha dovuto rivedere drasticamente l’organizzazione della propria offerta riducendo o chiudendo alcune attività e incrementando e riconvertendo altre, al fine di assistere al meglio i pazienti affetti da COVID-19 mitigando la diffusione del virus e garantire l’assistenza a tutte quelle patologie la cui diagnosi e cura è indifferibile.

Come è cambiata in Toscana l’assistenza a patologie cardiologiche durante il lockdown

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È oramai assodato che la pandemia di Covid-19 sta avendo anche un effetto indiretto sulla salute delle persone e in particolare sul ricorso a prestazioni di cura e assistenza. Infatti la repentina riorganizzazione dei servizi sanitari messa in atto tra fine febbraio e inizio marzo, necessaria per affrontare il dilagare della pandemia, ha completamente modificato l’offerta di servizi comportando un rischio per la popolazione di ritardi nella diagnosi (tra cui la sospensione temporanea degli screening), nella continuità delle terapie e nella presa in carico di bisogni di cura (come la sospensione dell’attività chirurgica differibile).

Garantire cure palliative in condizioni di pandemia

Lo scenario al mese di aprile 2020
Una pandemia è una causa e un potente amplificatore di sofferenza che si esplicita attraverso la malattia fisica e la morte, attraverso lo stress e le ansie, e anche attraverso l’instabilità finanziaria e sociale. Alleviare la sofferenza, in tutte le sue forme, deve essere una parte fondamentale della risposta che i nostri servizi sanitari possono e devono offrire.

Clostridium difficile, il batterio da monitorare

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L’Ars e la Rete Smart hanno condotto in Toscana il primo studio di fattibilità per monitorare le infezioni da Clostridium difficile, un batterio Gram-positivo, anaerobio obbligato, formante spore, presente fisiologicamente nella flora batterica della vagina e dell’intestino e storicamente considerato come uno dei principali patogeni nosocomiali associati all’esposizione ad antibiotici.
Il quadro clinico è legato allo sviluppo di ceppi che producono esotossine, e può variare da una lieve diarrea fino a forme gravissime, come il megacolon tossico, ed esitare anche nel decesso del paziente.

Lotta alla sepsi e shock settico: la prima sfida è disporre di dati affidabili!

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Nel 2016, a seguito di una Consensus conference, la sepsi è stata ridefinita come una disfunzione di organi che mette in pericolo la vita, causata da una risposta abnorme dell’ospite all’infezione. Da questa definizione emerge un nuovo concetto di sepsi come patologia per cui il fattore tempo diventa fondamentale nel miglioramento della prognosi. La sepsi è stata dunque assimilata alle altre patologie tempo-dipendenti, come l’infarto miocardico acuto e l’ictus o il trauma. Infatti, come queste patologie più note, anche la sepsi necessita di essere riconosciuta, diagnosticata e trattata in poco tempo, con il coinvolgimento di varie figure professionali lungo differenti setting di cura, dalla medicina di base, all’emergenza fino al reparto di degenza e l’area critica. Il corretto approccio a questa patologia è complicato dalla mancanza di una sensibilità diffusa nella diagnosi di questa patologia e dalla necessità di trattarla in modo rapido e coordinato, svolgendo un numero elevato di azioni.