Le risposte anticorpali al virus SARS-CoV-2 nei pazienti con COVID-19

Lo studio pubblicato su Nature Medicine


6/5/2020
Comunemente, a seguito dell’esposizione all’agente virale, il nostro sistema immunitario produce anticorpi, chiamati immunoglobuline M (IgM) ed immunoglobuline G (IgG), diretti verso le proteine dell’involucro virale. 

Gli anticorpi IgM sono prodotti nella fase iniziale dell’infezione e  forniscono una protezione a breve termine. Gli anticorpi IgG sono prodotti durante la prima infezione  e generalmente sono responsabili della protezione a lungo termine. 

Studi sulla sindrome respiratoria acuta grave (SARS) e la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) hanno dimostrato la presenza di anticorpi specifici contro questi virus nell'80–100% dei pazienti a 2 settimane dopo l'insorgenza dei sintomi [1,2].

Fra le molte cose ancora poco note del virus SARS-CoV-2, una riguarda proprio la risposta anticorpale nei pazienti con COVID-19. Su questo tema il 29 aprile 2020 la rivista Nature Medicine ha pubblicato i risultati di uno studio sulla risposta anticorpale a SARS-CoV-2 condotto su 285 pazienti con COVID-19 in 3 ospedali cinesi.

Lo studio ha dimostrato che la risposta immunitaria contro SARS-CoV-2 si sviluppa entro 19 giorni dall’insorgenza dei sintomi con una positività per IgG del 100% nei pazienti arruolati. La sieroconversione per IgM e IgG si è verificata contemporaneamente o in sequenza. La metodologia adottata prevedeva l’utilizzo di un test sierologico immunoenzimatico a chemiluminescenza magnetica (MCLIA) per il rilevamento di anticorpi specifici per virus.

I risultati hanno mostrato che il 100% dei pazienti è risultato positivo alle IgG dopo circa 17-19 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi, con un picco raggiunto nel 94,1% dopo 20-22 giorni dall’inizio dei sintomi. Durante le prime 3 settimane dopo l'insorgenza dei sintomi, ci sono stati aumenti dei titoli anticorpali IgG e IgM specifici per il SARS-CoV-2.

Una parte dei pazienti arruolati (n=63) sono stati monitorati fino alla dimissione, con la raccolta di esami sierologici a intervalli di 3 giorni. Tra questi, il tasso complessivo di sieroconversione era del 96,8% (61/63) nel periodo di follow-up. In questi pazienti la sieroconversione di IgG o IgM è stata raggiunta entro 20 giorni dall'esordio dei sintomi, mediamente intorno al 13° giorno. Non è stata riscontrata nessuna correlazione tra i livelli di IgG al plateau e le caratteristiche cliniche dei pazienti.

Inoltre, per verificare se i test sierologici possono aiutare a identificare pazienti con sospetto COVID-19, sono stati esaminati 52 casi dubbi (sintomi di COVID-19 o anomalie radiologiche per i quali i test per l'RNA virale erano negativi in almeno due campioni sequenziali) e 164 contatti ravvicinati di pazienti con infezione da SARS-CoV-2 nota. I risultati hanno mostrato che alcuni soggetti, risultati negativi al test RT-PCR (reazione a catena della polimerasi inversa), presentavano risultati positivi al test sierologico per IgG e/o IgM.

Complessivamente lo studio ha dimostrato che i criteri per la conferma dell’infezione MERS-CoV raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità (sieroconversione o aumento di 4 volte dei titoli anticorpali di IgG specifici), sono utilizzabili per la maggior parte dei pazienti con COVID-19. Tuttavia, una raccolta del primo campione di siero dovrebbe essere effettuata il prima possibile poiché il 12,2% dei pazienti aveva già raggiunto il plateau del titolo di IgG entro 7 giorni dall'esordio dei sintomi.

Inoltre, nonostante gli autori confermino che la RT-PCR rappresenti una metodica efficace per confermare l'infezione precoce da SARS-CoV-2, suggeriscono di effettuare il completamento diagnostico dei casi sospetti (risultati negativi all’RT-PCR) attraverso l’utilizzo del test sierologico.

In conclusione, nonostante il numero esiguo dei pazienti coinvolti, i risultati dello studio sottolineano l’importanza dell’esecuzione del test sierologico per raggiungere una più accurata stima della diffusione del COVID-19 nella popolazione. Nonostante i risultati dello studio siano promettenti, gli autori sottolineano la necessità di effettuare studi futuri riguardanti l’attività neutralizzante degli anticorpi IgG rilevati contro SARS-CoV-2.


A cura di:
  • Cristina Stasi - Centro Interdipartimentale di Epatologia CRIA-MASVE, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, AOU Careggi
  • Caterina Silvestri - Agenzia regionale di sanità




Per approfondire

Riferimenti bibliografici
1. Corman, V. M. et al. Viral shedding and antibody response in 37 patients with Middle East respiratory syndrome coronavirus infection. Clin. Infect. Dis. 62, 477–483 (2016).
2. Meyer, B., Drosten, C. & Muller, M. A. Serological assays for emerging coronaviruses: challenges and pitfalls. Virus Res. 194, 175–183 (2014).



box sezione tematica nuovo coronavirus