Gli esiti clinici secondo il PNE 2016: la posizione dell'ARS


treemap
“La novità più rilevante del Programma Nazionale Esiti 2016 sono i Treemap, che consentono un’analisi sintetica per area clinica, calcolata tenendo conto della validità e del peso di ciascun indicatore” (tratto da: Sintesi del PNE 2016). Il Treemap si pone come “strumento di supporto ai professionisti sanitari, che in presenza di criticità nei processi ed esiti di cura potranno tempestivamente promuovere e adottare strumenti correttivi mirati.” (tratto da: Quotidiano Sanità).

Il Treemap è stato proposto dall’Agenas come strumento conoscitivo in relazione ai piani di riqualificazione previsti dal decreto ministeriale 21 giugno 2016, adottato in applicazione dell’articolo 1, commi 524-530 della Legge di stabilità che disciplina i “Piani di efficientamento e riqualificazione”. Tale decreto fa riferimento ai piani di riqualificazione delle Aziende ospedaliere. L’utilizzo fatto dall’Agenas per l’uscita del PNE Edizione 2016 prevede invece l’estensione di questa metodologia di valutazione a tutti gli stabilimenti ospedalieri delle aziende sanitarie. Questo passaggio non è mai stato condiviso con le regioni in sede di comitato scientifico PNE.

A causa della molteplicità degli aspetti organizzativi e operativi che caratterizzano gli stabilimenti ospedalieri (reti cliniche, discipline, focalizzazione, pubblico/privato e volumi), in più di un’occasione sono state avanzate perplessità nell’estensione di questo metodo a tutti gli ospedali. Queste considerazioni diventano importanti se ci poniamo seriamente il problema del miglioramento della qualità delle cure e della corretta informazione ai cittadini per la scelta del luogo di cura.

Il Treemap si presenta come un sistema di indicatori compositi per la valutazione delle aziende ospedaliere. La costruzione di questi indicatori prevede l’applicazione di metodi rigorosi per l’esecuzione degli step previsti, come la selezione degli indicatori, la scelta dei criteri di aggregazione nelle aree cliniche e degli standard di valutazione. In particolare devono essere documentate le modalità di condivisione con il mondo dei clinici e degli stakeholder (Handbook on Constructing Composite Indicators: Methodology and User Guide, OECD 2008). Certi della corretta esecuzione di questi step da parte dell’Agenas, notiamo la scarsa propensione alla condivisione di queste importanti fasi.

Il Treemap prevede la valutazione di 7 aree cliniche per ogni stabilimento ospedaliero. Le aree cliniche definite per apparato non rispecchiano sempre le realtà organizzative delle aziende sanitarie. Inoltre gli indicatori selezionati per valutarle non sono sempre coerenti con i percorsi di cura nei differenti sistemi sanitari regionali. Un primo esempio riguarda la valutazione dell’area clinica “cardiocircolatorio”, dove sono comprese misure che guardano a percorsi di cura e utilizzo di risorse differenti:
  • gli indicatori relativi al trattamento dell’infarto miocardico acuto (IMA) misurano essenzialmente il funzionamento delle reti tempo-dipendenti e quindi del sistema dell’emergenza-urgenza e dell’integrazione con l’emodinamica;
  • l’indicatore relativo al trattamento dello scompenso cardiaco valuta in modo integrato le cure territoriali ed ospedaliere, coinvolgendo non solo i cardiologi ma anche internisti e  geriatri e medici di medicina generale;
  • gli esiti per interventi di bypass e valvole fanno riferimento ad una specifica area chirurgica ad alta complessità che ha poco a che fare con l’IMA e lo scompenso cardiaco;
  • l’esito dell’intervento all’aorta addominale guarda al percorso chirurgico elettivo di chirurgia generale e vascolare.

Una seconda possibile fonte di incomprensione riguarda l’area clinica “nervoso” dove vengono aggregati ictus ischemico e tumori cerebrali:
  • gli indicatori relativi a trattamento dell’ictus ischemico esplorano il funzionamento delle reti tempo-dipendenti e quindi il sistema dell’emergenza- urgenza, la neuroradiologia e l’integrazione tra neurologi e fisiatri;
  • il trattamento dei tumori cerebrali prevede un percorso prevalentemente elettivo che coinvolge, oltre al neurochirurgo, la parte oncologica e di radioterapia.

Infine l’area clinica “osteomuscolare” è valutata solo come efficienza operativa, ovvero sulla tempestività dell’intervento dopo frattura di femore. Possibili conseguenze di questo indicatore (rallentare gli altri interventi per favorire la tempestività alla frattura del femore) sono misurate con il tempo di attesa per intervento dopo fratture di tibia e perone. Pare indispensabile, per valutare questo settore dell’ortopedia, considerare anche la mortalità a 30 giorni dall’intervento di frattura di femore come misura di appropriatezza nella selezione dei pazienti da operare e capacità di gestione multidisciplinare dei casi.

Modelli organizzativi differenti potrebbero ridurre la validità di alcuni indicatori; ad esempio il trattamento di patologie come IMA e ictus in Toscana e in altre regioni è oramai organizzato per reti cliniche che interessano tutta la filiera dal 118 e pronto soccorso fino alle strutture di degenza attraverso protocolli definiti. La lettura di indicatori per singolo ospedale induce una visione parziale e distorta della realtà.

Il divario tra ambiti clinici valutati con il Treemap e i reali percorsi di cura potrebbe indebolire la forza della valutazione e dei conseguenti piani di riqualificazione (face validity, fa riferimento alla percezione della validità dell’indicatore da parte dei soggetti che hanno esperienza diretta del fenomeno). La conseguenza è la possibile riduzione della reputazione degli indicatori di esito come validi strumenti “di valutazione a supporto di programmi di audit clinico e organizzativo”, così come originariamente enunciato dal PNE.