Mortalità evitabile in Italia: Toscana tra le regioni più virtuose, ma in alcune province si può migliorare


prevenzione
È stato recentemente pubblicato l’aggiornamento del rapporto MEV(i) - Mortalità EVitabile (con intelligenza), a cura di Nebo Ricerche PA, che misura l’impatto delle morti evitabili in Italia, singole regioni e province, sulla base dei dati di mortalità ISTAT 2012-2014.
Il sistema di classificazione delle cause di morte consente infatti di individuare decessi potenzialmente evitabili con interventi di prevenzione primaria, diagnosi precoce e terapie mirate, adeguate condizioni igieniche e corretta assistenza sanitaria.
In questi tre gruppi tra loro non sovrapponibili rientrano in sintesi:
  1. prevenzione primaria - morti riconducibili a stili di vita non corretti e rischiosi per la salute (ad es. traumi, patologie circolatorie e polmonari legate a fumo, alcol, dieta o scarsa attività fisica, alcuni tipi di tumore);
  2. diagnosi precoce e terapie - tumori per i quali oggi esistono terapie efficaci e programmi di screening in grado di diagnosticare in tempo la malattia (ad es. tumore della mammella, del colon-retto);
  3. igiene e assistenza sanitaria - morti riconducibili a scarse condizioni igieniche o livelli di assistenza sanitaria non ottimali (ad es. alcune malattie infettive, malattie croniche del sistema circolatorio, polmonare o endocrino, complicanze della gravidanza, infezioni).
La somma dei tre gruppi fornisce l’impatto totale della mortalità evitabile nella popolazione, misurabile sia come tasso di incidenza che come giorni di vita pro capite persi, rispetto all’aspettativa di vita media.
Questa misura risente dei limiti che in generale hanno gli indicatori basati esclusivamente su dato amministrativo e non su un’osservazione clinica: non è possibile avere evidenza che il singolo decesso sia effettivamente dovuto ad una carenza del sistema sanitario o del sistema di prevenzione, ma fornisce una misura standardizzata per poter confrontare i territori e valutare l’evoluzione temporale del fenomeno.

I dati 2012-2014
In Italia ogni uomo perde in media 24,3 giorni di vita per cause evitabili, una donna 13,9. Generalmente l’impatto del fenomeno tra gli uomini è maggiore, in buona parte a causa di decessi riconducibili a stili di vita non corretti e fattori di rischio occupazionali (prevenzione primaria).
La Toscana è tra le regioni italiane che registrano il minor impatto di mortalità evitabile, 22 giorni pro capite persi tra gli uomini e 12,5 tra le donne, dietro a Marche, Veneto e Trentino Alto Adige (figura 1). Le mappe epidemiologiche riportate nel rapporto evidenziano due aree principali caratterizzate da livelli minimi di mortalità evitabile in Italia: la prima individuata da territori che si estendono tra Toscana, Umbria e Marche, la seconda tra Trentino Alto Adige e Veneto.

Figura 1. Giorni di vita persi pro capite per mortalità evitabile, per regione di residenza.
Triennio 2012-2014. Fonte: Rapporto MEV(i) 2017.
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Il trend toscano dal 2010 al 2014 mostra una sostanziale stabilità dell’incidenza della mortalità evitabile per diagnosi precoce-terapia e igiene-assistenza sanitaria, mentre si riduce l’impatto della mortalità evitabile con interventi di prevenzione primaria. Quest’ultima, rappresentando la tipologia di decessi evitabili più numerosa, è quella che offre i maggiori margini di miglioramento in futuro.

Il territorio toscano
I dati provinciali analizzano con maggior dettaglio il fenomeno, mettendo in evidenza alcune differenze territoriali in regione. In particolare è possibile distinguere un’area dell’entroterra orientale, che comprende le province di Prato, Firenze, Arezzo e Siena, con livelli di mortalità evitabile tra i più bassi in Italia. Spostandosi verso la costa tirrenica, però, alcune zone presentano criticità in almeno uno dei due generi. In particolare Lucca, Massa Carrara e Grosseto si trovano nella metà inferiore della classifica nazionale per provincia. In figura 2 le province toscane sono collocate nel grafico in base alla posizione che ricoprono nella classifica nazionale maschile e femminile, dividendo le province in 4 gruppi, dalle migliori (I) alle peggiori (IV). Le quattro province toscane più virtuose rientrano nel primo gruppo in entrambi i generi, mentre Grosseto, Massa Carrara e Lucca si collocano nel terzo gruppo di province in almeno uno dei due generi.

Figura 2. Posizionamento delle singole province toscane nelle classifiche nazionali, per genere.
Triennio 2012-2014. Fonte: Rapporto MEV(i) 2017.
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Se dunque da un lato il rapporto evidenzia l’ottima performance raggiunta a livello italiano dalle province dell’entroterra toscano, contestualmente fa luce sulla disomogeneità interna alla regione e sulle criticità che permangono nelle province della costa settentrionale e meridionale. Queste zone sono storicamente contraddistinte da esiti di salute peggiore all’interno della regione e le cause, visto l’impatto consistente della mortalità evitabile con interventi di prevenzione primaria, potrebbero essere riconducibili a stili di vita non corretti e fattori di rischio lavorativi, anche in virtù del fatto che le criticità emergono con maggiore forza nella popolazione maschile, solitamente caratterizzata da maggiori problematicità di questo tipo, mentre gli indicatori di esito delle cure sono sostanzialmente uguali tra ospedali della costa e media regionale.
Continuare sulla linea già tracciata dal nuovo Piano regionale di prevenzione 2014-2018 può contribuire a ridurre il gap che separa la costa dall’entroterra, con azioni di prevenzione primaria sui giovani e secondaria sulle popolazioni a rischio per particolari situazioni di cronicità, estendendo programmi di prevenzione efficaci dal network “Interventi di prevenzione basati su prove di efficacia (EBP)”, di cui l’ARS fa parte, su promozione attività fisica e dissuefazione da fumo di tabacco.





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