La performance sanitaria delle regioni italiane nell’Indice di Demoskopika

Il quadro delineato dall’indagine in seguito al calcolo degli indici: 7 regioni “sane”, 5 “influenzate” e 8 “malate”


25/6/2019
Se si digita sulla maschera di ricerca di Google, settore notizie, “Indice performance sanitaria Demoskopika”, il browser inizia a snocciolare titoli dal sapore più agro che dolce. Almeno alla data del 20 giugno. Come spesso accade da tempo, il dolce prevale tra i titolisti dei giornali e delle agenzie di informazione online del nord, l’agro al sud.

I titoli delle testate locali riflettono la “performance sanitaria” della rispettive regioni o aree geografiche, ognuna delle quali ha la sua “specificità”. Così, si possono leggere formulazioni del tipo: «Sanità, in Calabria il sistema ‘più malato’ d'Italia. Dati impietosi: ultimi per qualità, primi per le liti», oppure «Allarme Sanità. In Campania la speranza di vita più bassa d’Italia». Per quanto riguarda altri aspetti, ecco: «Sicilia, povertà sanitaria da record: 280 mila famiglie finite sul lastrico per curarsi» insieme a «Il 9,2% dei sardi rinuncia a curarsi: non ha i soldi per pagare le spese mediche». E infine: «Liste d’attesa e mobilità passiva: Regione Lazio da incubo». Sembra un bollettino di guerra.

Ci sono poi titoli che appaiono meno drastici ma più sibillini, come: «Molise dai due volti: primi per viaggi della speranza e per mobilità sanitaria attiva»; ma infine, risalendo verso nord, si inizia a rilevare un certo trionfalismo in formulazioni quali: «L'Umbria tra le migliori: siamo ai vertici nazionali per efficienza e qualità» o «In Trentino Alto Adige il sistema sanitario più in salute d'Italia. La speranza di vita media arriva a quasi 84 anni».

Tra le prime cinque pagine di risultati di Google non compaiono riferimenti specifici alle regioni che “guidano” la classifica dei LEA, come se, escludendo un articolo su un giornale locale emiliano, il presunto buon andamento dei livelli di performance non facessero particolarmente audience.

L’impressione generale fino a questo punto è che possa valere il buon vecchio incipit di Anna Karenina che, opportunamente adattato, suonerebbe come: «tutti i servizi sanitari regionali con alti livelli di perfomance si assomigliano tra loro; ogni regione con bassi livelli di performance scarseggia invece in ambiti specifici».
Unica voce fuori dal coro sembra però il Piemonte che, pur posizionandosi al primo posto nella griglia LEA 2017, si vede titolare «In Piemonte la sanità peggiore del Nord, secondo l'istituto Demoskopika».

È proprio l’istituto Demoskopika ad innescare l’abbondare di titoli online, a seguito della presentazione del report IPS 2019. L’Indice di Performance Sanitaria, pubblicato ai primi di giugno nella sua terza versione, si propone di valutare se e in che modo la programmazione sanitaria locale riesca a rispondere ai bisogni di salute della popolazione. Lo fa sulla base di otto indicatori: soddisfazione sui servizi sanitari, mobilità attiva, mobilità passiva, risultato d’esercizio, disagio economico delle famiglie, spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, democrazia sanitaria (impiego di risorse finanziarie per la gestione del management sanitario) e speranza di vita. Il valore aggiunto dell’approccio di Demoskopika risiede fondamentalmente nel valutare la performance sanitaria non solo nella capacità di rispondere ai bisogni di cittadini rendendo i servizi equamente accessibili e di qualità, ma anche indagando la capacità di rendere le risposte efficienti e sostenibili a livello economico.

Il quadro delineato dall’indagine in seguito al calcolo degli indici si compone di sette regioni “sane”, cinque “influenzate” e otto “malate”. Le più sane tra le sane, ovvero le regioni con il punteggio dell’indice più alto, sono il Trentino Alto Adige, la Lombardia e quel Lazio che era stato definito “regione da incubo” in merito a liste d’attesa e mobilità passiva. Le regioni più malate tra le malate sono invece, nell’ordine, Calabria, Puglia e Sicilia. A circa metà classifica, tra le regioni più influenzate tra quelle influenzate, c’è infine la Toscana.

L’Indice di performance sanitaria calcolato da Demoskopika per la nostra regione si ferma al livello di 352, piuttosto distante dal 382,6 del Veneto, dal 406,3 dell’Emilia Romagna e dal 429,6 del Piemonte, ovvero dalle regioni che ci precedono nella griglia LEA 2017. Nello specifico, ci troviamo all’ottavo posto per soddisfazione del servizio sanitario (104,4 punti, a -12,1 dal primo posto del Trentino); al settimo per mobilità attiva (-24,4 rispetto ai 130,4 punti del Molise), al quarto sia per mobilità passiva (a soli 3,2 punti dalla Lombardia capoclassifica) che per disagio economico delle famiglie verso le cure (-1,3 punti dall’Emilia-Romagna; valore ovviamente in positivo) e per speranza di vita (a 7,7 punti di distanza dall’aria di montagna trentina). L’unico podio toscano viene conquistato per i costi della democrazia sanitaria, ad un soffio (0,3 punti) dal primo posto delle Marche.

La situazione a questo punto non sarebbe per niente male, se non fosse per un paio di brutti piazzamenti che condizionano in negativo la prestazione generale del sistema sanitario toscano. Si registra infatti una quindicesima posizione relativamente al risultato d’esercizio, e, soprattutto, un penultimo posto, poco sopra alla Calabria (cioè a quasi 7 punti dall’ultimo posto), in merito alle spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli.

Senza addentrarci sulle specifiche ragioni che hanno condizionato i punteggi, l’Indice di performance sanitaria ci mostra comunque una Toscana che, se affronta sicuramente delle criticità sul lato economico, comunque riesce a garantire un’offerta di qualità e a rispondere, in definitiva, ai bisogni dei cittadini. Il campanello d’allarme non suona pertanto sul servizio sanitario regionale dal lato delle cure, quanto, piuttosto, su quello della sua sostenibilità. Ma la sostenibilità della programmazione sociale e sanitaria è proprio quel tema che sta diventando ormai centrale, a livello tanto locale che nazionale, per le prospettive di garanzia di un sistema assistenziale pubblico, universalistico ed equo. E soprattutto di qualità.


A cura di: Giacomo Galletti, Osservatorio qualità ed equità



Per approfondire

Consulta un estratto del report IPS 2019