Educazione sessuale nelle scuole italiane, i risultati dell'indagine nazionale condotta tra il 2016 e il 2020


2/12/2022

L’indagine

Lo studio Educazione sessuale in Italia 2016-2020: un’indagine nazionale che indaga copertura, contenuti e valutazione delle attività educative scolastiche è stato condotto con lo scopo di sviluppare un inventario delle attività di educazione sessuale nelle scuole (SBSE) realizzate da soggetti esterni e implementate in Italia tra il 2016 e il 2020. Di seguito sarà proposta una sintesi dei principali risultati.

Riconoscendo la salute sessuale e riproduttiva (SRH) come una dimensione fondamentale nella definizione della salute e del benessere della persona, l'educazione sessuale (SE) risulta essenziale, soprattutto per la popolazione giovane. Infatti al fine di promuovere il benessere sessuale e per prevenire l'HIV e altre infezioni a trasmissione sessuale (IST) appare necessario un interessamento della scuola nell’offerta di programmi educativi dedicati alla salute e al benessere sessuale, che propongano un approccio basato sui diritti e incentrato sull'empowerment, affinché le scelte siano libere e informate.

A partire da una rassegna dei programmi educativi diffusi in Europa, è emerso che solo pochi paesi propongono lezioni esaustive, ad esempio nel 2020 23 stati su 49 non hanno previsto la discussione sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere. Tuttavia è stato riconosciuto che la SE e l'educazione sessuale completa (CSE)hanno un impatto positivo sulla popolazione giovane, in quanto contribuiscono a ridurre le gravidanze indesiderate e aborti in età adolescenziale, l'incidenza delle IST e dell'infezione da HIV, gli abusi sessuali e l’omotransfobia.

Osservando lo stato dell’arte nazionale, lo studio ha evidenziato che l’Italia è uno dei pochi stati europei in cui la SE non è ancora inclusa nei programmi scolastici, infatti resta un’offerta a discrezione degli Istituti e dei/delle dirigenti, poiché manca un programma che sia attuato in modo coerente ed equo in tutto il paese.

Ciò provoca un divario educativo ed effetti negativi sulla conoscenza della salute sessuale, sul corretto uso di preservativi e di forme di contraccezione, sull’accesso a servizi per la salute sessuale giovanile e sulla consapevolezza relativa alla violenza di genere e all’omotransfobia. Infatti il 20% di tutte le IST rilevate in Italia riguarda soggetti giovani di età compresa tra 15 e 24 anni.

A fronte di ciò, lo studio in oggetto si è concentrato su una valutazione della situazione attuale rispetto alla copertura, all'implementazione e al contenuto delle attività SBSE realizzate nelle scuole medie e superiori in Italia tra il 2016 e il 2020. La ricerca è stata condotta attraverso una rassegna di documenti istituzionali e un sondaggio online (SurveyMonkey©) volto a raccogliere informazioni da chi ha fornito SBSE sull’impostazione, i contenuti e le caratteristiche delle persone partecipanti dei corsi offerti 2.

L'indagine è stata diffusa a livello nazionale e regionale presso gli organi istituzionali e le organizzazioni della società civile (OSC) competenti: OSC elencate dal Comitato tecnico sanitario per l'HIV/AIDS del Ministero della salute italiano, altre organizzazioni locali o nazionali che offrono corsi di SE nelle scuole, autorità sanitarie locali, associazioni professionali di sessuologi ed educatori SE indipendenti. Il sondaggio è stato inviato a circa 850 destinatari in totale.

Principali risultati

Anzitutto è emerso che per tutte le 20 regioni italiane sono stati individuati progetti educativi sulla prevenzione e il controllo delle IST. Rispetto alla rassegna sono emersi 34 quadri normativi pubblicati tra il 2016 e il 2020 e sono prevalentemente risoluzioni (n = 22), piani di prevenzione (n = 11) e altri documenti (n = 1). La distribuzione geografica di questi documenti è disomogenea, maggiormente diffusi nelle regioni del Nord Italia (53,0%) e assenti nelle regioni Marche e Sicilia.

Trentadue documenti riportano che le attività educative (EA) per le scuole medie e superiori erano finalizzate alla prevenzione delle IST e utilizzavano metodi come l'educazione tra pari, attività di gruppo e lezioni didattiche frontali con materiali cartacei e digitali. 

Osservando le attività SBSE è emerso che ne sono state realizzate 232 durante il periodo oggetto di studio. Di questi, 219 si sono svolte nelle scuole secondarie e 13 nelle scuole primarie. In particolare, nelle scuole primarie il 65% degli interventi sono stati condotti da organizzazioni della società civile e gli obiettivi riportati hanno incluso: informazioni (37,4%), sensibilizzazione (26,8%) e formazione (8,2%).

Il 42,9% delle attività SBSE sono state realizzate nel Centro Italia, il 39,7% nel Nord e il 17,4% nel Sud, in un totale di 5879 scuole secondarie tra il 2016 e il 2020. I principali argomenti trattati sono stati: promozione di comportamenti/stili di vita sicuri, prevenzione delle IST, relazioni e sessualità. Le metodologie utilizzate più frequentemente sono state l'apprendimento attivo (68,9%), le lezioni didattiche tradizionali (59,8%) e la formazione tra pari (25,1%). Per il 69,1% delle attività SBSE gli output degli studenti hanno incluso: incontri programmati di peer education (28,8%), materiali cartacei (documenti, opuscoli, volantini, brochure) (28,3%), materiali digitali e multimediali (22,8%), eventi (spettacoli teatrali, mostre, stand e info point) (17,4%) e gadget (7,3%). I fattori valutati più positivamente, in relazione alle attività nelle scuole, sono stati la partecipazione attiva degli studenti e la presentazione dei contenuti con un linguaggio diretto e semplice. Il problema più criticato è stato il tempo limitato assegnato alle attività SBSE all'interno della scuola. 

L'analisi qualitativa ha riguardato 216/219 attività SBSE, a causa di informazioni insufficienti per tre di esse. Di queste, 62 (28,7%) sono state classificate come attività CSE, di cui 30/62 (48,4%) sviluppate ed erogate da ASL o ambulatori di salute sessuale giovanile, 31 (50%) da OSC e 1 (1,6 %) da educatori indipendenti. Le attività non CSE (154/216-71,3%) sono state classificate in base agli obiettivi principali e ai contenuti riportati: 75 (48,7%) si sono concentrate sulla prevenzione delle IST, 31 (20,1%) si sono occupate di stili di vita sani e 21 (13,6%) hanno assunto la forma dell'educazione alla diversità (13,6%). Le restanti 27 attività SBSE (17,5%) sono state classificate come "altri tipi di attività" o "non classificabili", in quanto le informazioni fornite non hanno soddisfatto i criteri di analisi. Inoltre la durata media delle attività CSE è stata di tre sessioni per un totale di sei ore, a differenza della media per le attività non CSE, di una sessione e quattro ore. 

La soddisfazione della popolazione studentesca è stata valutata in 40/62 attività CSE (64,5%) e in 77/154 attività non CSE (50%). In 37/62 attività CSE (59,7%) è stata condotta una valutazione basata sulla conoscenza e sulla soddisfazione, mentre in 31/62 (50%) casi è stata effettuata un'indagine post-valutazione. Secondo i dati disponibili, tutte le attività SBSE (26/26) sono state associate a un aumento delle conoscenze e delle competenze e 15/26 (57,7%) hanno anche innescato cambiamenti comportamentali. Invece le attività non CSE, 50/51 (98%) sono state associate ad un aumento delle conoscenze, mentre 27/51 (52,9%) hanno riportato cambiamenti nel comportamento.

Questo studio è il primo tentativo di fornire una panoramica della situazione attuale per quanto riguarda le attività SBSE nelle scuole secondarie in Italia. I risultati rivelano un quadro molto eterogeneo, con molte variazioni in termini di obiettivi, contenuti e metodi utilizzati per affrontare i temi relativi all'educazione sessuale. Questa variazione non è sorprendente, data l'assenza di uno standard nazionale per la SE negli ambienti scolastici. Infatti è stato dimostrato che sono coinvolti diversi soggetti impegnati nell’offerta educativa, con le organizzazioni della società civile hanno realizzato 142/219 (64,8%) delle attività SBSE riportate nello studio. Tuttavia, le organizzazioni della società civile sono un gruppo di soggetti molto eterogeneo e differiscono in termini di valori, obiettivi e risultati desiderati (ad es. pianificazione familiare, prevenzione delle IST, contestazione dell'omo-trans-negatività). La mancanza di standard nazionali può anche aiutare a spiegare la copertura incoerente delle attività in tutto il paese. Le città metropolitane e le regioni centro-settentrionali sembrano essere le aree meglio servite, lasciando indietro giovani vulnerabili delle regioni meridionali.

La pandemia Covid-19 ha influenzato la consegna di attività SBSE, che sono state bloccate nel 2020 e non sono state rilanciate nell'anno scolastico 2020-21. Come evidenziato dai risultati, i limitati spazi dedicati alla SE negli orari scolastici hanno fatto sì che molti interventi siano stati a sessione unica, sollevando interrogativi sul loro valore educativo e sulla capacità di promuovere il cambiamento. Il problema è attribuibile al fatto che in Italia la SE non è inserita formalmente nei programmi scolastici. Senza un inserimento ufficiale ci sarà sempre un ostacolo all'allocazione di tempo e risorse adeguati. Passaggio richiesto esplicitamente da studenti e studentesse tra i 16 e i 17 anni, intervistati nel più recente Studio Nazionale Fertilità (Studio Nazionale Fertilità realizzato per il Ministero della Salute italiano), che hanno affermato che le scuole dovrebbero intraprendere un'educazione sessuale e SRH e che invece di insegnanti regolari, dovrebbero essere coinvolti soggetti educatori esterni per l’offerta di SBSE. 

La richiesta esplicita di maggiore attività rivolte al tema del benessere e della salute sessuale è posta a fronte di risultati che evidenziano come i/le giovani tendano a sopravvalutare la loro conoscenza della sessualità e della SRH, che spesso è costellata di credenze errate, relative ad esempio al controllo delle nascite, alle infezioni sessualmente trasmissibili, agli obiettivi e alla possibilità di accesso di una clinica per la salute sessuale. A tal proposito, solo una piccola percentuale di giovani rispondenti ha dichiarato di aver ricevuto SE a scuola e, quando è stata realizzata è stata concentrata principalmente sulla prevenzione dei rischi e su argomenti di salute sessuale come la prevenzione delle IST e la contraccezione. Al contrario, le linee guida sull'educazione sessuale sviluppate da istituzioni internazionali come l'Unesco (2018), l'Ufficio regionale dell'OMS per l'Europa e BZgA (2010) e l'International Planned Parenthood Federation (IPPF) (2017) riferiscono che un'educazione sessuale di buona qualità dovrebbe affrontare non solo i temi della salute sessuale, ma anche i diritti umani, la violenza di genere, l'identità sessuale e la cittadinanza attiva. Questa attività educativa dovrebbe, inoltre, promuovere una visione positiva e inclusiva della sessualità come parte fondamentale della vita umana. Il benessere sessuale è stato definito in termini di sette diversi ambiti: sicurezza e protezione sessuale, rispetto sessuale, autostima sessuale, resilienza in relazione alle esperienze sessuali, perdono delle esperienze sessuali passate, autodeterminazione sessuale e sensazione di agio con la sessualità. Ciò significa che le SBSE dovrebbero essere un argomento centrale e focalizzato sulla promozione del benessere sessuale delle persone giovani come parte di un approccio globale alla sessualità.

Inoltre i risultati dell’indagine mostrano che la valutazione delle attività di SBSE nelle scuole italiane avviene raramente e, se avviene, i risultati sono scarsamente documentati. Emerge altresì che le valutazioni sono essenziali per valutare non solo i risultati, ma anche la pianificazione, l’offerta e la ricezione degli interventi.  L’assenza di valutazioni ben documentate dei programmi e delle attività SBSE in Italia maschera i benefici degli interventi. 

Limiti

Gli autori e le autrici hanno denunciato alcuni limiti incontrati nella realizzazione dello studio. In primo luogo, il sondaggio è stato distribuito durante la pandemia di COVID-19, quando la maggior parte delle attività di SBSE è stata interrotta e i contenuti sono stati concentrati su questioni relative alla pandemia. Inoltre, non tutti i documenti pertinenti potrebbero essere stati recuperati a causa della limitata digitalizzazione in Italia e questo potrebbe anche aver contribuito al risultato dell’ineguale distribuzione geografica dei programmi rilevati. Inoltre, sebbene l'indagine sia stata ampiamente diffusa in tutto il paese, il numero dei soggetti intervistati è stato limitato, soprattutto in alcune regioni. Ciò potrebbe aver comportato una mancanza di completezza e rappresentatività dei risultati. Infine, la definizione delle attività come CSE e non CSE è stata basata sulle risposte al sondaggio, che miravano a raccogliere informazioni su molti ma non tutti gli aspetti di CSE.

Conclusioni

Le attività SBES favoriscono risultati positivi relativi alla salute fisica, come limitare le IST e le gravidanze indesiderate, e complessiva, connessi alla salute mentale; inoltre la diffusione di SBSE contribuisce a sostenere equità sociale intervenendo sulle violenze e le differenze di genere e sulle discriminazioni di genere e relative all’orientamento sessuale. 

Sebbene siano stati fatti molti tentativi per introdurre la SE nei curricula scolastici, in Italia resta un argomento controverso. Ciò è in gran parte dovuto a fattori sociali, culturali, religiosi e politici (ad es. miti sulla SE volta a promuovere comportamenti sessuali precoci o promiscui, opposizione politica all'inclusione di argomenti correlati a LGBTQIA+ o convinzione che la SBSE neghi ai genitori il diritto di educare i propri figli e le proprie figlie con i propri valori). Questo ricade sulla popolazione giovane. Un approccio globale nei confronti delle attività SBSE, in linea con le linee guida internazionali, è quindi fortemente necessario, come sostenuto da prove internazionali e come richiesto esplicitamente dai/dalle giovani.

Per affrontare questo problema, il governo e le istituzioni nazionali, in particolare le scuole e le agenzie educative, dovrebbero sostenere l'integrazione della SE nei curricula scolastici e promuoverne l'attuazione. Idealmente, le attività SBSE dovrebbero essere introdotte come tema interdisciplinare, o incluso come argomento affrontato in altre discipline. Nel primo caso, la completezza e l'accuratezza delle SBSE dovrebbero essere garantite con la presenza di un soggetto responsabile, e realizzate da esperti/e esterni/e di una varietà di discipline (psicologi e sessuologi, andrologi, ginecologi e ostetrici, etc.). Inoltre dovrebbe essere previsto un coinvolgimento attivo dei servizi sanitari locali e delle organizzazioni della società civile competenti. E, per un’efficacia maggiore, dovrebbe essere considerata l’inclusione di genitori e personale scolastico. Infine, le attività dovrebbero essere adattate e volte alla promozione dell’inclusione e del rispetto delle sensibilità individuali, culturali e religiose. 

Note

[1] In merito al CSE, fino al 2018 non era universalmente riconosciuto il significato di "comprensivo", quando l'UNESCO ne ha promosso la definizione: “un processo basato sul curriculum di insegnamento e apprendimento sugli aspetti cognitivi, emotivi, fisici e sociali della sessualità. Mira a dotare i bambini e i giovani di conoscenze, abilità, attitudini e valori che consentiranno loro di: realizzare la loro salute, benessere e dignità; sviluppare relazioni sociali e sessuali rispettose; considerare come le loro scelte influenzano il proprio benessere e quello degli altri; e, comprendere e garantire la protezione dei loro diritti per tutta la vita” (UNESCO 2018 , 16).

[2] In dettaglio: informazioni generali sul fornitore di attività educative, area geografica coperta, periodo di attuazione delle attività, durata delle attività (ad es. ore trascorse con una classe), tipologia di scuole destinatarie, personale coinvolto, scopi/obiettivi e contenuti coperti, approccio educativo, strumenti educativi utilizzati, prodotti creati dagli studenti a seguito dell'attività e strategia di valutazione. I soggetti intervistati sono stati invitati a condividere il materiale utilizzato per la realizzazione delle attività e/o eventuali report pubblicati.



Per approfondire

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