Terapie ipolipemizzanti e raggiungimento dei target lipidici in prevenzione primaria e secondaria in Toscana al tempo della Covid-19

A cura di: P. Francesconi, F. Profili, B. Nreu, E. Mannucci


16/11/2021
Indice degli argomenti

Background e razionale
Obiettivo
Materiali e metodi
Risultati


Background e razionale

Il rapporto causale tra i livelli di colesterolo, legato al colesterolo LDL (C-LDL) e gli eventi cardiovascolari maggiori, quali infarto del miocardio e l’ictus cerebrale, è sostenuto da una mole notevole di evidenze scientifiche. Numerosi studi di intervento hanno dimostrato che la riduzione del C-LDL riduce il rischio di eventi cardiovascolari maggiori: quanto maggiore è la riduzione dei valori assoluti di C-LDL, ottenuta con le terapie a disposizione, tanto maggiore è la riduzione del rischio cardiovascolare. Per questi motivi, C-LDL è diventato un obiettivo terapeutico cruciale nella gestione delle malattie cardiovascolari. Recentemente, la Società Europea di Cardiologia (European Society of Cardiology, ESC)[1] ha aggiornato le linee guida per il trattamento della dislipidemia dividendo i pazienti in base al rischio cardiovascolare, modificando le classi di rischio e abbassando il valore target di C-LDL rispetto alle linee guida precedenti. Nello specifico, le linee guida ESC 2019 identificano nel gruppo di assistiti con precedente sindrome coronarica acuta una popolazione di pazienti con rischio cardiovascolare (RCV) particolarmente elevato e, in caso di ulteriore evento cardiovascolare entro 2 anni, suggeriscono un target terapeutico ancora più ambizioso, cioè livelli di C-LDL <40 mg/dl. Nei pazienti con rischio RCV molto alto o in prevenzione secondaria il target nel trattamento della ipercolesterolemia dev’essere una riduzione del C-LDL ≥50% rispetto al basale e livelli target di C-LDL <55 mg/dl. Nei pazienti con RCV alto si deve sempre cercare di ottenere un calo del C-LDL ≥50% rispetto al basale e livelli target di C-LDL<70 mg/dl. I pazienti con rischio moderato i livelli target di C-LDL devono essere inferiori a 100 mg/dl ed in caso di rischio basso i target di C-LDL sono < 112 mg/dl.

Le linee guida per la gestione delle dislipidemie[2] e gli Standard italiani per la cura del diabete mellito AMD-SID 2018[3] raccomandavano il raggiungimento di C-LDL <70 mg/dL nei pazienti a rischio molto alto. Nei pazienti ad alto rischio l’obiettivo era raggiungere C-LDL ora è <100 mg/dL. Nella popolazione a rischio basso o moderato, l’obiettivo era C-LDL <115 mg/dL.

Importanti studi clinici hanno dimostrato l'efficacia delle terapie con anticorpi monoclonali inibitori della convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9i) nel ridurre i livelli di colesterolo lipoproteico a bassa densità (LDL-C) oltre quelli ottenuti con il trattamento intensivo con statine, con conseguente riduzione significativa degli eventi cardiovascolari nei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica accertata. malattia coronarica acuta (ASCVD) e sindrome coronarica acuta (ACS)[4,5]. È importante sottolineare che non sembra esserci alcuna soglia di colesterolo LDL per l’ottenimento del beneficio clinico[6].

Nell’ambito delle terapie a disposizione per trattare l’ipercolesterolemia le statine rappresentano l’opzione di prima linea. Le altre opzioni terapeutiche includono ezetimibe e gli inibitori della convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9i).

I sistemi sanitari sono stati messi a dura prova dalla pandemia COVID-19. L’epidemia, infatti, impegnando le risorse sanitarie nella prevenzione e cura dell’infezione, ha reso più difficile il mantenimento di attività, terapie e prestazioni ordinarie7. L’Organizzazione mondiale della sanità ha diramato delle linee guida sui servizi essenziali da fornire ai tempi del coronavirus 7. Oltre alle emergenze-urgenze per pazienti con problemi acuti, l’OMS raccomanda di non dimenticare le malattie croniche, che peraltro espongono ad un maggiore rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19. Le mancate visite, terapie e attività diagnostiche possono generare una maggiore progressione delle cronicità: il sistema rischia quindi di poter intervenire solo nelle fasi più gravi, con maggiori costi sia per la salute degli assistiti sia per la sostenibilità del sistema stesso[8].

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Obiettivo

Questa analisi è mirata a verificare dell’impatto della pandemia COVID-19 sulla qualità della cura delle ipercolesterolemie nella Regione Toscana, considerando le variazioni osservate nel consumo di farmaci, nelle determinazioni di laboratorio e nei valori registrati di colesterolo LDL tra l’anno 2020 e l’ultimo anno pre-pandemico (2019).

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Materiali e metodi

L’analisi è stata condotta sui residenti di età superiore a 45 anni delle aree delle ex-ASL di Massa Carrara, Empoli, Viareggio, Prato, Arezzo, Siena e Grosseto, per le quali erano disponibili i risultati degli esami di laboratorio effettuati.

Le informazioni sul consumo di farmaci e di esami di laboratorio sono state estratte dai flussi amministrativi del sistema sanitario toscano (flusso farmaceutica diretta e territoriale, flusso specialistica ambulatoriale). I risultati degli esami di laboratorio sono stati raccolti tramite una richiesta ad hoc ai laboratori di analisi. La diagnosi di diabete è stata formulata utilizzando un algoritmo validato che classifica il soggetto come diabetico, sulla base dei flussi amministrativi, se rintraccia almeno un ricovero con una qualsiasi diagnosi di diabete o un’esenzione da ticket per diabete o il consumo (almeno 2 erogazioni a distanza di 6 mesi) di farmaci antidiabetici. I pregressi eventi cardiovascolari maggiori (Major Adverse Cardiovascular Events, MACE), definiti come infarto miocardico e/o ictus e/o rivascolarizzazioni coronariche, carotidee o delle arterie periferiche, sono stati identificati tramite diagnosi di ricovero (angina, scompenso cardiaco, infarto del miocardio, altre malattie ischemiche cardiache, arresto cardiaco (sopravvissuto), dimesso per cause cardiache, ricovero per ictus, ricovero per TIA; inoltre si considerano gli interventi sulle valvole, PTCA e by-pass aortocoronarico).

Si sono analizzate due coorti, una per l’anno 2019 e una per l’anno 2020, ciascuna composta da tutti i residenti nelle aree sopra indicate, che avevano compiuto 45 anni al 1 gennaio ed erano viventi al 31 dicembre.

Si sono valutati, in queste due coorti:

  • Numero di soggetti con almeno una determinazione contemporanea di colesterolo, colesterolo HDL e trigliceridi, che consenta il calcolo del colesterolo LDL
  • Numero di soggetti con almeno una prescrizione di un farmaco per l’ipercolesterolemia, ovvero statine (Codici ATC: "C10AA05", "C10AA05”, “C10AA07”, “C10AA07”, “C10AA01”, “C10AA01”, “C10AA01”, “C10AA01”, “C10AA02”, “C10AA02”, “C10AA03”, “C10AA03”, “C10AA03”, “C10AA04”, “C10AA04”, “C10AA04”, “C10AA05”, “C10AA05”, “C10AA07”, “C10AA07"), ezetimibe (C10AX09), combinazione tra i due ("C10BA05”, “C10BA05”, “C10BA06”, “C10BA06”, “C10BA02”, “C10BA02”, “C10BA02”, “C10BA02”, “C10BA05”, “C10BA05”, “C10BA06"), PCSK9 inibitori ("C10AX13”, “C10AX14")
  • Numero di soggetti che avevano ritirato una quantità di farmaco sufficiente a coprire il 75% della posologia prevista. Come periodo di riferimento, si sono presi gli ultimi sei mesi in chi aveva almeno una determinazione del quadro lipidico e l’ultimo anno in chi non aveva determinazioni di laboratorio.
L’analisi è stata effettuata suddividendo la popolazione in quattro categorie, sulla base della presenza di pregressi eventi cardiovascolari e di diabete:

  • Assistiti non diabetici senza pregressi MACE (NoDIAB-NoMACE)
  • Assistiti con diabete senza pregresso MACE (DIAB-NoMACE)
  • Assistiti senza diabete con pregresso MACE (NoDIAB-MACE)
  • Assistiti con diabete e pregresso MACE (DIAB-MACE)
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Risultati

Gli assistiti della coorte del 2019 e 2020 erano rispettivamente 862.633 e 864.396, di cui il 53,8 di sesso femminile; di questi, l’86% aveva un’età compresa tra i 45 e 79 anni. Le caratteristiche delle coorti sono riportate nella tabella 1. La prevalenza del diabete nelle coorti era del 11%; il 27,8% degli assistiti con diabete aveva un pregresso evento cardiovascolare maggiore.

Tabella 1. Riassunto delle caratteristiche delle coorti
tab1 approf Francesconi 16nov2021

I consumi di farmaci ipolipemizzanti nell’anno 2019 e nell’anno 2020 sono riportati nella Figura 1. La terapia più frequentemente utilizzata erano le statine, da sole o in associazione ad ezetimibe; nel 2019, solo l’1% degli assistiti è in trattamento con ezetimibe e solo lo 0,027% con PCSK9i. Sempre nel 2019, tra i diabetici senza MACE, solo il 33% assumeva almeno un farmaco. Anche tra coloro che presentavano un pregresso MACE, molti non ricevevano alcun trattamento (52% se non diabetici, 38% se diabetici). La proporzione dei soggetti trattati era ancora più bassa se si considerano solo coloro che hanno ricevuto prescrizioni per almeno il 75% del fabbisogno annuale, con stime del 15% per i diabetici senza MACE, 32% per i non diabetici con MACE e 42% per diabetici con MACE (Figura 2).
Confrontando l’anno 2020 con il 2019 non si evidenzia alcuna riduzione del numero complessivo di persone che assumono almeno un farmaco, che anzi aumenta lievemente. Si verifica però una riduzione della proporzione di coloro che effettuano la terapia con continuità.

Fig. 1. Proporzione di soggetti trattati con almeno un farmaco
fig1 approf Francesconi 16nov2021


Fig. 2. Proporzione di soggetti in trattamento con almeno un farmaco, con una copertura di almeno il 75% del tempo
fig2 approf Francesconi 16nov2021
Fig. 3. Proporzione di assistiti con almeno una determinazione di C-LDL nel corso dell’anno
fig3 approf Francesconi 16nov2021
Variazioni maggiori tra 2019 e 2020 sono state osservate nel numero dei pazienti che ha effettuato almeno una determinazione di C-LDL nel corso dell’anno (Fig. 3). I due terzi degli assistiti senza diabete e senza MACE e il 40% di quelli con diabete e senza MACE non aveva effettuato alcuna determinazione del C-LDL nel corso del 2019; tra i pazienti con MACE, la proporzione di coloro che non avevano eseguito alcun esame di C-LDL nel 2019 era del 52% tra i non diabetici e del 37% tra i diabetici. Nel corso del 2020, tali proporzioni sono ulteriormente diminuite, particolarmente nelle persone non diabetiche. Questa riduzione è stata particolarmente ampia nelle persone senza MACE, ma si è osservata anche nei pazienti con MACE e senza diabete.

Passando a considerare i livelli registrati di C-LDL, oltre la metà degli assistiti con diabete e senza MACE presentava valori oltre 100 mg/dl nel 2019; tra i pazienti con pregressi MACE, poco più di un quinto dei non diabetici e di un terzo dei diabetici aveva livelli di C-LDL inferiori a 70 mg/dl (Fig. 4). La proporzione dei pazienti con C-LDL inferiore a 55 mg/dl era rilevante (ma comunque inferiore al 20%) solo nella categoria dei pazienti con diabete e pregressi MACE. Le variazioni tra 2019 e 2020 sono modeste, con piccoli incrementi della proporzione dei pazienti con valori più bassi di C-LDL.

Figura 4. Livelli di colesterolo LDL nelle varie categorie di assistiti, nel 2019 e nel 2020
fig4 approf Francesconi 16nov2021
Stratificando la popolazione di assistiti non in terapia in relazione ai valori di C-LDL non si osservano differenze tra il 2019 e 2020 (Fig.5). Già nel 2019, più della metà nei pazienti con pregressi MACE e nei diabetici aveva valori di C-LDL sopra 100 mg/dl ed un quarto valori maggiori di 130 mg/dl; valori analoghi si sono osservati per il 2020. E’ necessario rilevare che anche tra i pazienti con i livelli di rischio più alto (diabetici con pregressi MACE), è rilevante il numero di coloro che non riceveva alcun trattamento farmacologico nonostante valori di colesterolo LDL abbondantemente oltre i target raccomandati.

La fig. 6 riporta i valori di colesterolo LDL nei pazienti trattati con farmaci ipocolesterolemizzanti, con copertura di almeno il 75% delle dosi previste. Da un lato, si osserva che una frazione rilevante dei pazienti presenta valori relativamente elevati di colesterolo LDL nonostante il trattamento. Si può ipotizzare che il trattamento con statine alla massima dose tollerata, anche in combinazione con ezetimibe, sia insufficiente a raggiungere i valori desiderati di colesterolo LDL in una parte dei pazienti. E’ anche possibile che esista una riluttanza all’impiego delle statine ad alta dose, anche là dove sarebbero necessarie, da parte del medico o del paziente, per il timore di effetti collaterali. D’altro canto, la possibilità di prescrivere i farmaci di maggior efficacia, cioè i PCSK-9 è limitata ad un numero molto piccolo di medici, ostacolando l’accessibilità al trattamento per la maggior parte della popolazione che ne potrebbe beneficiare. La Fig. 6 mostra comunque che, nel 2020, rispetto al 2019, è aumentata, tra i pazienti trattati, la proporzione di coloro che hanno colesterolo LDL inferiore a 55 mg/dl, o compreso tra 55 e 69 mg/dl. Si può ipotizzare che la diffusione delle nuove linee guida ESC1, che pongono obiettivi di colesterolo LDL più stringenti rispetto alle precedenti2, abbia determinato un atteggiamento terapeutico più aggressivo da parte dei medici, che si è tradotto in un miglioramento dei livelli di colesterolo nonostante le difficoltà legate alla pandemia.

Figura 5. Livelli di colesterolo LDL nelle varie categorie di assistiti non in terapia, nel 2019 e nel 2020
fig5 approf Francesconi 16nov2021
Figura 6. Livelli di colesterolo LDL nelle varie categorie di assistiti in terapia con almeno un farmaco con copertura di almeno il 75% delle giornate, nel 2019 e nel 2020
fig6 approf Francesconi 16nov2021
Nel complesso, il trattamento delle ipercolesterolemie nella popolazione toscana appare ampiamente insoddisfacente, anche nelle classi di rischio cardiovascolare più elevate. Il numero di persone che riceve un trattamento farmacologico per l’ipercolesterolemia è infatti inferiore alle attese, soprattutto tra i pazienti con diabete e/o pregressi MACE; anche il numero di determinazioni del quadro lipidico è ampiamente inferiore a quanto raccomandato per le persone con diabete e per quelle con malattia cardiovascolare nota dove la determinazione di C-LDL è raccomandata ogni 2-3 mesi dopo l’inizio della terapia o aggiustamenti della terapia fino al raggiungimento del target e almeno 2 volte all’anno una volta stabilizzati i livelli di colesterolo[1]. Questo sotto-trattamento può dipendere da un atteggiamento troppo attendista da parte dei medici, oppure a resistenze da parte dei pazienti. La diffusione di percezioni distorte sui potenziali rischi della terapia con statine, unita alla proliferazione di nutraceutici e integratori alimentari che vantano virtù terapeutiche sul colesterolo, possono aver contribuito a questo risultato negativo.

La pandemia ha, nel complesso, determinato un peggioramento della qualità delle cure per l’ipercolesterolemia, provocando una sensibile riduzione del numero di determinazioni del quadro lipidico nei laboratori della Regione. Il numero dei pazienti che hanno ricevuto almeno una prescrizione di un farmaco ipocolesterolemizzante nel corso del 2020 non si è ridotto rispetto al 2019; possiamo dedurne che il precoce ricorso alla prescrizione elettronica dematerializzata abbia consentito di mantenere a livelli accettabili la disponibilità della terapia. D’altro canto, nel 2020 si è osservata una riduzione del numero di pazienti che ha assunto un farmaco ipocolesterolemizzante con frequenza superiore al 75% delle dosi attese; si è verificata, cioè, una riduzione dell’aderenza complessiva a questa terapia. E’ possibile che la riduzione dei contatti diretti (in presenza fisica) dei pazienti con i propri medici di riferimento (di medicina generale e/o specialisti), legata alle restrizioni agli accessi negli ambulatori imposte a causa della pandemia, abbia influito negativamente sull’aderenza. D’altro canto, nel corso del 2020, tra i pazienti che effettuavano il trattamento con continuità, si è osservato un aumento della proporzione di persone nelle classi più basse di colesterolo LDL, a dimostrazione che la classe medica ha recepito, almeno in parte, la riduzione dei livelli desiderabili di LDL nelle linee guida ESC[1].

Questo ultimo aspetto permette di avere una certa fiducia nella possibilità di modificare favorevolmente l’atteggiamento terapeutico dei medici, attraverso una adeguata opera di sensibilizzazione e formazione.

In ogni caso risulta sempre più urgente attivare il nuovo modello di sanità d’iniziativa, già approvato con deliberazioni di giunta regionale ormai già cinque anni fa, che prevedeva anche il target degli assisiti con alto rischio cardiovascolare.


[Attività condotta in collaborazione con NOVARTIS] 

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Bibliografia 

  1. François Mach, Colin Baigent, Alberico L Catapano, Konstantinos C Koskinas, Manuela Casula, Lina Badimon, M John Chapman, Guy G De Backer, Victoria Delgado, Brian A Ference, Ian M Graham, Alison Halliday, Ulf Landmesser, Borislava Mihaylova, Terje R Pedersen, Gabriele Riccardi, Dimitrios J Richter, Marc S Sabatine, Marja-Riitta Taskinen, Lale Tokgozoglu, Olov Wiklund, ESC Scientific Document Group, 2019 ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias: lipid modification to reduce cardiovascular risk: The Task Force for the management of dyslipidaemias of the European Society of Cardiology (ESC) and European Atherosclerosis Society (EAS), European Heart Journal, Volume 41, Issue 1, 1 January 2020, Pages 111–188, https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehz455
  2. Catapano AL, Graham I, De Backer G et al. 2016 ESC/EAS Guidelines for the Management of Dyslipidaemias. Atherosclerosis 2016;253:281-344. [Joint publication in Eur Heart J 2016;37:2999-3058].
  3. AMD-SID. Standard italiani per la cura del diabete mellito. 2018. https://www.siditalia.it/pdf/Standard%20di%20Cura%20AMD%20-%20SID%202018_protetto2.pdf (ultima consultazione 11/11/2021).
  4. Sabatine MS, Giugliano RP, Keech AC et al. Evolocumab and clinical outcomes in patients with cardiovascular disease. N Engl J Med 2017;76:1713-22.
  5. Schwartz GG, Steg PG, Szarek M, et al. Alirocumab and cardiovascular outcomes after acute coronary syndrome. N Engl J Med. 2018;379:2097-107.
  6. Giugliano RP, Pedersen TR, Park JG et al. Clinical efficacy and safety of achieving very low LDL-cholesterol concentrations with the PCSK9 inhibitor evolocumab: a prespecified secondary analysis of the FOURIER trial. Lancet 2017;390:1962-71.
  7. World Health Organization. (‎2020)‎. COVID-19: operational guidance for maintaining essential health services during an outbreak: interim guidance, 25 March 2020. World Health Organization. https://apps.who.int/iris/handle/10665/331561. License: CC BY-NC-SA 3.0 IGO
  8. Palmer, K., Monaco, A., Kivipelto, M. et al. The potential long-term impact of the COVID-19 outbreak on patients with non-communicable diseases in Europe: consequences for healthy ageing. Aging Clin Exp Res 32, 1189–1194 (2020). https://doi.org/10.1007/s40520-020-01601-4
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A cura di:

Paolo Francesconi, Francesco Profili, Besmir Nreu e Edoardo Mannucci