acido solfidrico report ARSQuesto studio si inquadra nel più ampio panorama di attività previste dal progetto triennale “Geotermia e salute” finanziato da Regione Toscana, che fanno seguito ai primi studi condotti nelle aree geotermiche che hanno evidenziato in Amiata delle criticità sanitarie, sulle quali si è ritenuto necessario condurre degli approfondimenti epidemiologici. L’obiettivo principale di questo progetto triennale che ARS coordina in collaborazione con ARPAT, Asl, medici di famiglia e pediatri di libera scelta, è quello di valutare lo stato di salute degli amiatini, in relazione sia alla presenza delle centrali geotermiche sia a altri fattori di rischio, individuali e ambientali.

L’obiettivo di questo studio è quello di valutare le associazioni tra gli andamenti giornalieri delle concentrazioni di acido solfidrico (H2S) in aria e gli effetti acuti, a breve termine, sulla salute della popolazione residente.

In epidemiologia ambientale il disegno di studio che più di altri consente di studiare gli effetti acuti sulla salute, legati al verificarsi di picchi di concentrazione di inquinanti più o meno prolungati nel tempo, è il modello “case crossover”, un tipo di studio che discende da uno degli studi più consolidati in epidemiologia, il caso controllo.

Il principio logico alla base di questa metodologia è che per ogni esito sulla salute in studio (caso) si confronta l’esposizione nel giorno in cui l’esito è avvenuto (ad es. concentrazione giornaliera di H2S)  con quella, verificatasi sullo stesso caso, dei giorni di controllo in cui l’evento non si è verificato, precedenti o futuri. In questo modo ogni caso è anche il controllo di se stesso e ne consegue che tutte le variabili individuali, che non variano o variano solo lentamente nel tempo, come ad esempio le principali caratteristiche socio-demografiche e gli stili di vita, non influenzano la relazione oggetto dello studio, ovvero la  connessione tra H2S e salute. Dunque il grande vantaggio di un modello case crossover è che, essendoci per disegno un appaiamento per tutte le variabili individuali che variano poco nel tempo breve (età, sesso, stato socio-economico, fumo e altri comportamenti a rischio), i modelli sono intrinsicamente aggiustati per queste variabili. Ciò consente di utilizzare in maniera più efficace le informazioni sanitarie contenute nei flussi sanitari correnti (come ad esempio, mortalità, ricoveri, accessi al pronto soccorso) che per loro natura non forniscono tutte quelle informazioni individuali che sono importanti fattori di rischio per la salute.

L’approccio case crossover è stato originariamente utilizzato nello studio della relazione tra attività fisica e insorgenza di infarto miocardico acuto e solo successivamente è stato esteso all’ambito dell’epidemiologia ambientale per studiare gli effetti acuti dell’inquinamento atmosferico e delle temperature estreme su mortalità e ricoveri ospedalieri.
metalli documento report ARSQuesto studio si inquadra nel più ampio panorama di attività previste dal progetto triennale “Geotermia e salute” finanziato da Regione Toscana, che fanno seguito ai primi studi condotti nelle aree geotermiche che hanno evidenziato in Amiata delle criticità sanitarie, sulle quali si è ritenuto necessario condurre degli approfondimenti epidemiologici. L’obiettivo principale di questo progetto triennale che ARS coordina in collaborazione con ARPAT, Asl, medici di famiglia e pediatri di libera scelta, è quello di valutare lo stato di salute degli amiatini, in relazione sia alla presenza delle centrali geotermiche sia a altri fattori di rischio, individuali e ambientali.

L’obiettivo di questo studio è quello di valutare le associazioni tra le concentrazioni urinarie ed ematiche di arsenico (As) e mercurio (Hg) e gli effetti cronici sulla salute.
Nel 1998 l’Asl 7 di Siena, in collaborazione con l’Istituto superiore di Sanità (ISS) ha condotto uno studio campionario sulla popolazione residente in quattro comuni dell’area senese del Monte Amiata (Abbadia San Salvatore, Piancastagnaio, Radicofani, Castiglione d’Orcia) per valutare le fonti di esposizione ad arsenico (As) e mercurio (Hg) nell’area. Quest’area vulcanica, infatti, è caratterizzata da una presenza diffusa di metalli, come confermano i livelli di arsenico misurati in alcune sorgenti utilizzate per la captazione dell’acqua potabile, tant’è che in diversi comuni dell’area amiatina solo dal 2010, grazie all’installazione di filtri abbattitori, è terminata la richiesta di deroghe al decreto del 2001, con il quale il limite fu abbassato da 50 a 10 µg/l, ed i valori di arsenico sono rientrati nei limiti normativi per le acque potabili. Inoltre, quest’area è stata storicamente teatro di una intensa attività mineraria per la produzione di mercurio, conclusasi agli inizi degli anni ’80. E nel frattempo, proprio agli inizi degli anni ’90, è andata sviluppandosi anche l’attività di sfruttamento dell’energia geotermica  per la produzione di energia elettrica.
 
Nell’indagine del 1998 furono campionate circa 900 persone, di età compresa tra i 20 ed i 55 anni, escludendo tutti coloro che precedentemente potessero aver avuto un esposizione di tipo lavorativo (principalmente attività mineraria, lavorazione di metalli, produzione di pesticidi). Ai soggetti arruolati fu chiesto di compilare un questionario su stili di vita (fumo, alcol, abitudini alimentari, consumo di pesce, attività fisica) e possibili fonti di esposizione a metalli (uso di lenti a contatto, otturazioni dentali, ecc.) e, contestualmente, furono raccolti campioni di sangue e urine per misurare la concentrazione urinaria di As e Hg e quella ematica di Hg.

Gli Autori dello studio del ’98, evidenziarono un’associazione tra i livelli nelle matrici umane di As e Hg con il consumo dell’acqua dell’acquedotto locale e con l’ingestione di particolari cibi (pesce in particolare), meno probabile l’associazione con l’esposizione legata alle emissioni delle centrali geotermiche.

Il presente studio, concluso a settembre 2016, ha avuto l’obiettivo di testare eventuali associazioni tra le concentrazioni di As e Hg nel sangue e nelle urine e possibili effetti sulla salute, durante i 16 anni seguenti al campionamento del 1998 attraverso l’utilizzo di flussi sanitari correnti. L’ipotesi valutata è se a concentrazioni di metalli maggiori nelle urine e nel sangue fossero corrisposti maggiori rischi maggiori per la salute.
prima copertina SA 2016L'introduzione degli antibiotici, nella seconda metà del XX secolo, ha cambiato il mondo della Medicina più di ogni altra scoperta fatta fino ad oggi. La disponibilità di questi farmaci, naturali e sintetici, ha permesso di curare molte infezioni gravi che prima sarebbero state considerate incurabili e, in molti casi, mortali. La capacità di controllare un gran numero di infezioni ha avuto un forte impatto in tutti i settori clinici, ma in particolare nella Chirurgia, nella Medicina dei trapianti, nell'Oncologia e nella Terapia intensiva. Purtroppo l'abuso e l'uso improprio di questi farmaci hanno portato al fenomeno delle resistenze, creando quella che è la minaccia reale e crescente di nuovi "super-bug" sempre più difficili da trattare.

Abuso e non appropriatezza si manifestano con l'uso di antibiotici quando non necessario, trattamenti con tempi non corretti o con dosi sbagliate, utilizzo di agenti ad ampio spettro per il trattamento di batteri molto sensibili o con l'uso di antibiotici sbagliati. Di tutti gli antibiotici prescritti negli ospedali per acuti, il 20-50% risulta essere inutile o inappropriato.
Negli ospedali della Toscana nel 2014 sono stati consumati 88,9 DDD di antibiotici per 100 giornate di degenza in regime di ricovero ordinario, con un range tra gli ospedali tra 31 e 207. Il dato toscano espresso in DDD per 1000 abitanti die è pari a 1,74, è sovrapponibile a quello europeo ma inferiore alla media nazionale. Dalle indagini di prevalenza delle infezioni correlate all'assistenza negli ospedali per acuti, condotte dall'ECDC nel 2011-2012 e in Toscana dal Comitato tecnico-scientifico per la prevenzione e la lotta delle Infezioni correlate a pratiche assistenziali  nel 2012, risulta che negli ospedali toscani il 47% dei pazienti nel giorno indice stava ricevendo una terapia antibiotica, contro il 44% in Italia e il 35% in Europa.
Oggi il numero di antimicrobici a disposizione si è esaurito e la nostra capacità di curare le malattie infettive è stata gravemente compromessa, determinando una maggiore morbilità e mortalità e un aumento dei costi assistenziali. É veramente ironia della sorte dover ammettere che nel XXI secolo siamo di fronte a infezioni batteriche per cui non abbiamo alcun trattamento. Per contrastare il problema occorre un approccio multi-professionale e multi-disciplinare, volto a migliorare e misurare l'uso appropriato di agenti antimicrobici, utilizzati in maniera corretta nel dosaggio e nella durata della terapia, la disponibilità di test diagnostici rapidi e affidabili per la rilevazione degli agenti patogeni responsabili e la loro sensibilità antimicrobica e la promozione di sistemi di "infection control". Tale attività prende il nome di Stewardship antibiotica (SA). Si riportano di seguito 2 definizioni particolarmente esplicative sul significato di questo temine:
"...the optimal selection, dosage, and duration of antimicrobial treatment that results in the best clinical outcome for the treatment or prevention of infection, with minimal toxicity to the patient and minimal impact on subsequent resistance" e "A marriage of Infection Control (Epidemiologist) and Antimicrobial Management (Infectious Diseases specialist) finalized to share the principles of the optimized treatment between the bench to bed side point of view and the hospital-wide vision".
I principali obiettivi di una Stewardship antibiotica sono quindi il raggiungimento di risultati clinici ottimali, ovvero un miglioramento dell'outcome clinico, con una diminuzione di resistenze, di uso inappropriato di farmaci e di eventi avversi. I programmi di SA si inseriscono in un'azione sistematica di controllo delle infezioni, garantendo il miglior rapporto costo-efficacia della terapia, mantenendo al minimo le conseguenze non intenzionali come gli effetti tossici e i possibili eventi avversi, controllando la selezione di organismi patogeni e la comparsa di resistenze.
La complessità delle scelte cliniche e terapeutiche, assieme alle differenze organizzative e di contesto degli ospedali, rendono vantaggioso definire programmi di SA in grado di adattarsi a differenti situazioni. É comunque indispensabile che queste attività siano definite e organizzate in modo coordinato con le attività di controllo delle infezioni correlate all'assistenza, creando un sistema integrato nel pieno rispetto delle professionalità e delle responsabilità esistenti.
Nel 2014, il CDC ha raccomandato che tutti gli ospedali per acuti negli Stati uniti avessero un programma di Stewardship, per guidare in maniera più proficua gli sforzi per un uso migliore degli antibiotici. Per aiutare le strutture sanitarie a implementare programmi di Stewardship.
La letteratura internazionale concorda su alcuni indispensabili fattori, che consistono in: leadership, mandato e accountability, team multi-disciplinare, monitoraggio e feedback e formazione. I 4 assi portanti su cui si articolano le raccomandazioni presentate in questo documento sono:
  • Leadership, mandato e accountability: l'identificazione chiara della figura responsabile del programma e delle risorse da impiegare (umane, tecnologiche e finanziarie).
  • Team multi-disciplinare: l'identificazione dei professionisti da coinvolgere, i relativi ruoli, responsabilità e azioni.
  • Monitoraggio e feedback: le misure essenziali per monitorare il programma di SA e le modalità di discussione e restituzione dei dati.
  • Formazione: le modalità di formazione necessarie per l'implementazione di un programma di SA.
Il presente documento descrive la strategia regionale per la promozione dell'Antibiotic Stewardship negli ospedali toscani, definita nella Delibera n. 620 del 27/06/2016, e ne illustra l'attuale livello di implementazione negli ospedali toscani, così come emerge da una ricognizione effettuata da ARS e GRC tra novembre 2015 e marzo 2016.
Infine definisce alcune azioni utili per l'implementazione e il monitoraggio a livello regionale.
img Relazione TALLIO ARS 08092016-2A seguito della contaminazione da tallio delle acque destinate al consumo umano verificatasi nel territorio dell’Azienda USL 12 di Viareggio, in particolare nella zona di Valdicastello Carducci e nel centro storico del Comune di Pietrasanta (LU), è stato condotto uno studio al quale ha partecipato l'Agenzia regionale di sanità della Toscana, occupandosi nello specifico di studiare dal punto di vista epidemiologico lo stato di salute della popolazione nelle aree contaminate.   
Il presente documento, oltre ad una sintesi non tecnica dei metodi applicati e dei principali risultati delle analisi condotte, si articola in due sezioni principali. La prima è dedicata ad una panoramica sullo stato delle conoscenze in materia di effetti sulla salute dell’esposizione a tallio, con particolare riferimento agli effetti sulla salute umana di esposizioni croniche a concentrazioni medio-basse. La seconda sezione riporta una descrizione della metodologia applicata nello studio di coorte retrospettivo e i risultati ottenuti. Infine si riportano come allegati i risultati di tutte le analisi eseguite, non presenti nella sezione dei risultati.