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É stato pubblicato sulla rivista Acta Paediatrica l'articolo:
Gagliardi L, Amador C, Puglia M, Mecacci F, Pratesi S, Sigali E, Tomasini B, Rusconi F and TIN Toscane on-line Group. Area-based study identifies risk factors associated with missed antenatal corticosteroid prophylaxis in women delivering preterm infants. Acta Paediatr. 2017 Feb;106(2):250-255. doi: 10.1111/apa.13563.

Tutte le donne che partoriscono un neonato pretermine prima delle 34 settimane di età gestazionale dovrebbero ricevere una profilassi prenatale con corticosteroidi per favorire lo sviluppo polmonare del neonato. É dimostrato da molti anni che la somministrazione di corticosteroidi riduce il rischio di mortalità neonatale e di insorgenza di gravi patologie come la Sindrome da Distress respiratorio e l'emorragia intraventricolare.
L'obiettivo dello studio è stato quello di analizzare il tasso di mancata somministrazione della profilassi steroidea antenatale e valutarne i fattori di rischio associati e ciò per potere migliorare la qualità delle cure per questi neonati ad alto rischio.
Abbiamo effettuato uno studio osservazionale, area-based grazie ai dati di TIN toscane online, che raccoglie dal 1° gennaio 2009 informazioni su tutti i neonati gravemente pretermine nati in Toscana. Lo studio si è focalizzato sui neonati tra le 24 e le 32 settimane di gestazione, nati negli anni 2009-2013.
I risultati hanno mostrato che il 15,1% della popolazione di studio non aveva ricevuto la profilassi e che tale proporzione non è cambiata significativamente durante il periodo di osservazione.

I principali fattori di rischio per la mancata profilassi sono risultati essere il ricovero tardivo in ospedale (parto < 24 ore dal ricovero) e l'essere una donna straniera; quelli protettivi: l'avere effettuato un trasporto in utero e aver avuto una rottura prematura delle membrane, ambedue fattori proxy di una maggiore attenzione alla donna nel preparto. Non è stata osservata alcuna differenza nel rischio di mancata profilassi nei bambini nati in ospedali di livello diverso e nemmeno in funzione della diversa età gestazionale.
Il tempestivo arrivo delle donne in ospedale e una migliore identificazione delle situazioni in cui il parto pretermine è imminente e la conseguente somministrazione di steroidi sono gli obiettivi più importanti da raggiungere per aumentare ulteriormente la profilassi.

I nostri risultati evidenziano anche la necessità di entrare in contatto precocemente con le donne che hanno accesso alle cure, soprattutto le donne straniere.
immagine patologie e ricoveriCome per altre regioni italiane, anche in Toscana il numero di nuovi nati, in crescita fino al 2008, dal 2010 presenta una importante flessione: nel 2014 i nati sono stati 29.454, un dato che ci riporta al lontano 2003. I parti plurimi sono il 3,5% del totale. I nati pretermine (<37 settimane) o di basso peso (<2.500 grammi) sono rispettivamente il 6,7% e il 6,6% dei nati, entrambi in lieve diminuzione nell’ultimo anno.
La natimortalità è stabile, con un numero di nati morti di 2,54 per 1.000 nati vivi nel triennio 2012-2014.

logo SPItOSS
Si chiama Progetto pilota di sorveglianza della mortalità perinatale - SPItOSS - e in Toscana parte il 1 luglio. È un progetto pilota di sorveglianza della mortalità perinatale coordinato dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con tre Regioni italiane, Lombardia, Toscana e Sicilia, e finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della salute. A livello regionale [Per la Toscana], il progetto è coordinato dall’Osservatorio di epidemiologia dell’Agenzia regionale di sanità della Toscana.

L’obiettivo generale del progetto è l’implementazione di un modello pilota di sorveglianza attiva della mortalità in utero tardiva e della mortalità neonatale precoce nelle tre regioni, per produrre stime della mortalità perinatale e informazioni utili a prevenire i decessi perinatali evitabili.

L’impatto della morte intrauterina sulle donne, sulle famiglie, sui professionisti sanitari, sulle comunità e sulla società intera è ben noto. Tuttavia, l’attenzione alla natimortalità è un fenomeno recente, anche tra i paesi con sistemi sanitari avanzati: soltanto nel 2014 le Nazioni Unite hanno adottato il piano d’azione OMS e UNICEF Every Newborn, finalizzato ad azzerare la mortalità materna e neonatale e la natimortalità evitabile nel mondo, grazie all’inserimento di quest’ultima tra gli indicatori centrali di progresso, accanto a mortalità materna e mortalità neonatale.

Rispetto alla mortalità materna, pari a 0,1 casi ogni 1.000 nati vivi, la mortalità perinatale presenta una frequenza superiore, pari a 4,1 casi per 1.000 nati.

Il miglioramento della qualità dell’assistenza alla madre e al neonato durante il travaglio, alla nascita, nel primo giorno e nella prima settimana di vita è l’elemento chiave sul quale focalizzarsi per centrare l’obiettivo di ridurre ulteriormente mortalità materna e mortalità infantile nei prossimi anni.

Alla luce dell’esperienza di altri paesi che, come il Regno Unito, hanno attivato sistemi di sorveglianza ostetrica che includono sia la mortalità materna sia quella perinatale, l’Istituto superiore di sanità la estende adesso anche alla mortalità perinatale. Il progetto pilota prevede di sottoporre a sorveglianza di popolazione tutte le morti in utero dalla 28a settimana di gestazione, i nati morti e i nati vivi deceduti entro il sesto giorno di vita completo (ossia 6 gg + 23h) nei presidi ospedalieri pubblici e privati delle regioni partecipanti al progetto, nel rispetto della definizione di morte perinatale.
Sul modello della sorveglianza della mortalità materna, anche quella della mortalità perinatale prevede una sorveglianza attiva: segnalazione dei casi incidenti, realizzazione di audit multiprofessionali nei presidi ospedalieri dove si verificano i decessi, indagini confidenziali regionali e revisione centrale dei casi.



Pulsante SPItOSS2
newborn
In occasione della settimana del prematuro l’Agenzia regionale di sanità partecipa insieme all’Azienda ospedaliero-universitaria Meyer al seminario “Qualità delle cure in medicina perinatale” organizzato dall’Azienda USL Toscana Sud-est.

Secondo le stime dell’OMS sono circa 15 milioni nel mondo i bambini che nascono prima del termine,  vale a dire prima di 37 settimane di età gestazionale: 1 bambino su 10. La prematurità è nel mondo la principale causa di morte neonatale.

La nascita pretermine (<37 settimane di età gestazionale) e il basso peso alla nascita (<2.500 grammi) sono importanti indicatori della salute infantile in quanto associati ad una maggiore morbosità e mortalità. I bambini nati pretermine (in particolare nati gravemente pretermine, vale a dire con età gestazione <32 settimane) richiedono un periodo di ricovero più lungo dopo la nascita e hanno più probabilità di sviluppare significative disabilità, in particolare di tipo neuropsicologico e respiratorio, nei primi anni di vita e anche in seguito.

In Toscana, nel 2015, i nati vivi pretermine sono stati 2.185 pari al 7,8% dei nati vivi. A fronte di una diminuzione della natalità, soprattutto in questi ultimi anni di crisi economica (-15% di nati vivi dal 2008 al 2015), il numero dei nati pretermine ha fatto registrare un leggero aumento dal 2014 al 2015 (erano 1.982 pari al 6,7% nel 2014).
Dai dati del Certificato di assistenza al parto emerge che il principale fattore di rischio per la nascita pretermine è la gemellarità, che negli anni ha avuto una crescita dal 2,6% del 2001 al 3,7% del 2015 in seguito all’aumento dell’età materna al parto e al conseguente fisiologico aumento dei livelli delle gonadotropine con l’età, ma soprattutto al più frequente ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita.

L’analisi dei fattori di tipo socio-demografico e degli stili di vita permette di identificare dei sottogruppi di donne più a rischio di dare alla luce un neonato pretermine, come le donne straniere e quelle senza un’occupazione, verso le quali indirizzare maggiori sforzi per l’assistenza in gravidanza e l’accesso ai servizi. Il rischio di nascita pretermine è anche maggiore nelle donne che fumano, raddoppiando per le donne che fumano più di 10 sigarette al giorno, e nelle donne obese e sottopeso.

Al seminario sarà inoltre presentato il dato sulla prevalenza di allattamento al seno durante il ricovero, Sebbene, come ci si aspetta, i prematuri sono meno frequentemente allattati al seno rispetto ai nati a termine per le difficoltà nell’alimentazione e nell’attaccamento al seno, la proporzione di neonati alimentati con latte umano, grazie anche alla presenza sul territorio toscano di 6 banche del latte, è elevata. Il 58,3% dei prematuri riceve durante il ricovero in occasione del parto solo latte materno (della propria mamma o della banca del latte), il 5,5% riceve latte materno con l’eventuale aggiunta di acqua o altri liquidi diversi dal latte (soluzione glucosata, camomilla, tisana ecc.), il 22% riceve latte materno con l’aggiunta di latte artificiale e solo il 14,3% non riceve latte materno.
rete pediatrica toscana
La nuova rete pediatrica regionale è stata presentata il 26 luglio scorso dall'assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi e dal Direttore generale dell'Aou Meyer Alberto Zanobini, ai direttori dei Dipartimenti materno-infantili degli ospedali toscani, ai rappresentanti dei pediatri e dei medici di famiglia.

La rete è strutturata in modo da integrare tutte le competenze professionali e tecnologiche disponibili all'interno del Servizio sanitario, per sfruttarne al massimo le potenzialità.

Questi i principi fondamentali della riorganizzazione:
  • centralità del piccolo paziente e della sua famiglia
  • omogeneità e qualità dell'assistenza pediatrica sul territorio regionale
  • snellezza operativa ed efficacia nell'azione sostenibilità del sistema
  • rappresentatività dei vari soggetti della rete
  • comunicazione organizzativa e informatizzazione della rete
  • formazione continua per una uniforme risposta diagnostica, terapeutica e assistenziale pediatrica
  • promozione della salute secondo protocolli condivisi.
L’ARS sarà a fianco della nuova rete, fornendo stime epidemiologiche ed analisi dati sulle fasce d’età che utilizzano i servizi della rete. Un esempio del contributo dell’Agenzia sono state le analisi degli accessi al Pronto soccorso toscano in età pediatrica, presentate alla rete il 21 giugno scorso durante una giornata di lavoro seminariale.

adolescenthealth-sml
L'invecchiamento della popolazione e la pressione esistente sui sistemi sanitari dei paesi ad alto reddito, hanno reso quasi invisibili i bisogni di salute della popolazione giovanile di età compresa fra i 10 ed i 24 anni.
Infatti, trattando la popolazione giovanile, la maggior parte degli studi si concentra sulle minacce alla sopravvivenza infantile, ancora presenti in molti paesi a basso reddito, ma raramente trattano la fascia di età che separa i bambini dagli adulti. La mancanza di attenzione è perlopiù dovuta all'idea che l'età adolescenziale/giovanile rappresenti una fase della vita caratterizzata da uno stato di salute ottimale, negando le conseguenze che le diverse condizioni sanitarie e sociali vissute in questo periodo possono provocare sulla salute futura.

A questo proposito riteniamo interessante segnalare l'articolo di Ali H Mokdad e colleghi "Global burden of diseases, injuries, and risk factors for young people's health during 1990–2013: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2013" pubblicato recentemente da The Lancet.

Come si evince dal titolo del lavoro, gli autori, partendo dai dati del Global Burden of Disease Study 2013 (GBD 2013) e applicando specifiche metodiche di analisi, hanno raccolto e sintetizzato i dati dal 1990 al 2013 di 188 paesi concentrandosi su 306 malattie e lesioni (raggruppate in 163 categorie), 1.233 conseguenze e 79 fattori di rischio.
I risultati, presentati per fascia di età, genere, regione e paese di appartenenza, mostrano le importanti variazioni avvenute nel corso degli anni.

Partendo dai dati di mortalità, nella fascia di età 10-14 anni, nel 1990, la principale causa di morte era l'annegamento (8,4%), causa che risulta al 3° posto nel 2013 (6,7%), mentre nel 2013 al 1° posto troviamo l'HIV/AIDS che costituisce il 10,4% dei decessi fra i ragazzi di questa fascia di età.
Più stabili i dati relativi alla fascia di età 15-19 anni dove la mortalità per infortunio stradale continua a essere al 1° posto (1990:12,6%; 2013:14,2%) seguita dall'autolesionismo (1990:7,9%; 2013:8,4%). Di notevole importanza, anche in questa fascia di età, l'incremento della mortalità per HIV/AIDS che mentre nel 2000 copriva il 2,4% dei decessi fra i 15-19enni, nel 2013 risulta al 3° posto con un valore del 6,2%. Andamento simile si osserva anche nella fascia di età più avanzata con gli incidenti stradali e l'autolesionismo che rappresentano le prime cause di morte.

Un altro tema innovativo, per questa fascia di età, è la valutazione dei DALYs (Disability-adjusted life year), ovvero del numero di anni persi a causa di malattia, di disabilità o per morte prematura. In tutta la popolazione presa in esame (10-24 anni), i disturbi depressivi risultano tra le prime tre cause di anni vissuti con disabilità e l'alcol è il fattore di rischio che contribuisce alla più alta percentuale (7%) di DALY. Notevole importanza deve essere attribuita anche ai rapporti sessuali non sicuri (unsafe sex) che dal 1990 al 2013 mostrano un forte incremento soprattutto nella fascia 15-19 anni dove rappresentano la 2° causa di disabilità (era al 13° posto nel 1990).

L'ulteriore sforzo fatto dagli autori è rappresentato dalla suddivisione per regione dei risultati raggiunti (in appendice) rendendo possibile per ogni lettore, consultare l'area di interesse per tutte le fasce di età effettuando confronti per i 3 anni presi in esame (1990, 2000, 2013).