L’utilizzo di antibiotici in ospedale durante la pandemia, uno sguardo alla letteratura

A cura di: S. D'Arienzo, C. Carmignani


Nella cura dei pazienti con patologia da SARS-CoV2 è stata immediatamente chiara l’importanza di adottare estreme misure di igiene e infection control, al fine di ridurre il rischio di contagio tra operatori e tra pazienti. L’attenzione all’igiene delle mani e al corretto utilizzo dei dispositivi individuali di protezione sono ritenuti di fondamentale importanza, così come le misure di disinfezione.

Attraverso una revisione della recente letteratura, invece, viene mostrato, come sia stata variabile e talvolta non improntata alle evidenze disponibili, l’attenzione alla prescrizione degli antibiotici per i pazienti con COVID-19, soprattutto nella prima fase della pandemia, nonostante la bassa incidenza di coinfezioni batteriche dimostrate.

L’ipotesi di una polmonite non esclusivamente virale sembrava giustificata dal fatto che coinfezioni batteriche conseguenti ad infezioni respiratorie virali si erano sviluppate in precedenti pandemie, già a partire dall’influenza spagnola fino ad arrivare alle sindromi respiratorie della SARS (Severe Acure Respiratory Syndrome, 2002) e della MERS (Middle East Respiratory Syndrome, 2012)1.

Tuttavia le prime evidenze scientifiche hanno subito dimostrato come, nei pazienti COVID, le infezioni batteriche fossero molto meno frequenti e anche differenti rispetto a quelle che si erano sviluppate nei casi precedenti, con scarsi isolamenti per esempio di Streptococcus pneumoniae. Gran parte degli studi pubblicati a seguito dell’inizio della pandemia hanno, infatti, mostrato una scarsa prevalenza di coinfezioni batteriche, con dati inferiori al 10% in ambito ospedaliero; circa il 7% nei reparti di degenza medica e chirurgica e un 17% nei reparti di rianimazione, con isolamenti prevalentemente di Mycoplasma pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa, Haemophilus influenzae e Klebsiella pneumoniae2.

La scarsa prevalenza di infezioni batteriche non ha giustificato quindi l’utilizzo routinario degli antibiotici che è stato fatto durante la prima ondata, tanto è che il NICE3 già a maggio del 2020 metteva in guardia sull’inefficacia di tali farmaci per questo tipo di infezione virale, e sottolineava come l’utilizzo inappropriato avrebbe alimentato sia la presenza di infezioni batteriche multiresistenti, che la diffusione del Clostridioides difficile.

Le prime metaanalisi, risalenti al 2020 e condotte in Cina4, hanno messo in luce che nonostante la prevalenza nel paese di coinfezioni batteriche fosse inferiore al 4%, la prescrizione di antibiotici superava invece il 70%, prevalentemente con molecole ad ampio spettro e in particolare fluorochinoloni e cefalosporine di III generazione.

In Europa la prescrizione sale al 78% e si orienta sulle cefalosporine di III generazione, macrolidi e penicilline protette5.

Una metaanalisi del 20216 oltre a confermare su un campione di oltre 30.000 pazienti l’utilizzo di antibiotici nel 78% dei casi (con prevalenza di co-infezione al 9%) mette in luce una considerevole eterogeneità nella prescrizione antibiotica, con valori a livello europeo inferiori rispetto al continente asiatico e americano e una diversa distribuzione tra i paesi delle varie classi di antibiotici: in Europa, infatti, prevale l’utilizzo di macrolidi e dei beta-lattamici (in particolare della sottoclasse delle cefalosporine), mentre come detto in precedenza, in Cina la classe maggiormente utilizzata è stata quella dei fluorochinoloni; gli Stati Uniti presentano invece una più variegata distribuzione di tutte le classi di farmaci.

L’alta prevalenza di utilizzo dei macrolidi, farmaci attivi anche su infezioni respiratorie atipiche, osservata in Europa, pare giustificata dall’ipotesi di effetto sinergico anti SARS-CoV2 mediato dalla loro azione anti infiammatoria e immunomodulatoria; l’aumento nell’utilizzo di tali molecole è stato messo in luce anche da AIFA nel report uscito a luglio del 20207, dove l’azitromicina presentava un incremento quasi del 200% dal periodo pre a quello COVID con una notevole variabilità tra le regioni. Tuttavia le scarse evidenze cliniche a conferma dell’efficacia dell’azitromicina hanno fatto sì che, sempre AIFA, a maggio dello scorso anno producesse una nota8 dove non raccomandava l’utilizzo di tale farmaco nel paziente COVID al di fuori dei casi con sovrapposizioni batteriche, tenuto conto anche dei possibili effetti collaterali a carico del sistema cardio-vascolare in particolar modo quando il farmaco veniva somministrato in associazione con idrossiclorochina.

Nel Regno Unito, invece, non solo non era raccomandata azitromicina nel paziente COVID ospedalizzato e domiciliare, ma è stato sconsigliato anche l’utilizzo della doxaciclina sulla base di uno studio randomizzato9, effettuato su pazienti non ospedalizzati, che ha dimostrato una scarsa efficacia del farmaco nel trattamento di tali pazienti.

La doxaciclina, invece, è stata largamente utilizzata, sia per la sua attività sui patogeni atipici, che per gli effetti antinfiammatori e antivirali, oltre al suo miglior profilo di tollerabilità rispetto ad azitromicina.

L’utilizzo ingiustificato degli antibiotici, riscontrato soprattutto nella prima fase pandemica, oltre ad alimentare i processi di antibioticoresistenza, è andato ad alterare il microbioma intestinale, già compromesso in un paziente COVID, alimentando quindi la diffusione di infezioni da Clostridioides difficile. Ulteriore conseguenza dell’utilizzo inappropriato di antibiotici è stato l’aumento delle sovrainfezioni fungine nel paziente COVD critico in terapia intensiva, il cui sistema immunitario era compromesso e sottoposto a terapie immunomodulanti protratte.

In questo contesto, in uno studio effettuato a Madrid10, si riscontra un forte aumento delle infezioni fungine, e il dato più preoccupante proposto dalla letteratura è l’alta percentuale di isolamenti di Aspergillus spp, che può provocare aspergillosi polmonare invasiva in pazienti immunocompromessi. Questo spiega il motivo per il quale, se si analizzano i dati sul consumo dei farmaci a livello ospedaliero, si riscontra un aumento sia degli antimicotici che degli antibiotici durante i picchi della pandemia.

Diversa è la situazione quando si analizzano i dati sul consumo ospedaliero annuale, senza diversificare i pazienti in base all’aver o meno contratto il virus: focalizzando infatti l’attenzione sul dato complessivo degli antibiotici, comprendente pazienti risultati o meno positivi al COVID i dati sul consumo del 2020 risultano in calo rispetto agli anni precedenti; questo non è altro che il risultato del bilanciamento tra l’aumento dell’utilizzo degli antibiotici nei pazienti COVID da un lato, e la riduzione dell’attività chirurgica e dell’attività ambulatoriale dall’altro, soprattutto durante il lockdown, che ha portato alla diminuzione dell’utilizzo di tali farmaci anche in profilassi nei pazienti che avrebbero usufruito di tali prestazioni.

Per concludere, quanto esposto ci ricorda come sia importante rafforzare in modo prioritario, i programmi di stewardship antibiotica, e tutti gli interventi di prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza, riducendo indirettamente il consumo di antibiotici e controllando i fenomeni di antibioticoresistenza.


Per approfondire: 

  • Guarda il video dell'intervento della Dott.ssa Carmignani dal titolo "Come è cambiata la prescrizione degli antibiotici?"

Bibliografia

1. Bacterial coinfections in COVID-19: an underestimated adversary, Lanfranco Fattorini, Roberta Creti, Carla Palma, Annalisa Pantosti and the Unit of Antibiotic Resistance and Special Pathogens, Ann Ist Super Sanità 2020 | Vol. 56, No. 3: 359-364

2. Co-infections in people with COVID-19: a systematic review and meta-analysis, Louise Lansbury, Benjamin Lim, Vadsala Baskaran, Wei Shen Lim - Meta-Analysis J Infect 2020 Aug;81(2):266-275.

3. NICE guideline [NG173]. COVID-19 rapid guideline: antibiotics for pneumonia in adults in hospital

4. Bacterial co-infection and secondary infection in patients with COVID-19: a living rapid review and meta-analysis, Bradley J Langford, Miranda So, Sumit Raybardhan, Valerie Leung, Duncan Westwood, Derek R MacFadden, Jean-Paul R Soucy, Nick Daneman - Clin Microbiol Infect 2020 Dec;26(12):1622-1629.

5. Is there a need to widely prescribe antibiotics in patients hospitalized with COVID-19? F Moretto, T Sixt, H Devilliers, M Abdallahoui, I Eberl, T Rogier, M Buisson, P Chavanet, M Duong, C Esteve, S Mahy, A Salmon-Rousseau, F Catherine, M Blot, L Piroth - Int J Infect Dis 2021 Apr;105:256-260

6. Antibiotic prescribing in patients with COVID-19: rapid review and meta-analysis Bradley J Langford, Miranda So, Sumit Raybardhan, Valerie Leung, Jean-Paul R Soucy, Duncan Westwood, Nick Daneman, Derek R MacFadden - Clin Microbiol Infect 2021 Apr;27(4):520-531

7. AIFA. Antibiotici fluorochinolonici. Informazioni utili su restrizioni e precauzioni d’uso (30 giugno 2020)

8. AIFA. Azitromicina nella terapia dei pazienti adulti con COVID-19 (5 maggio 2020)

9. NHS. Covid-19 therapeutic alert – Antimicrobials (azithromycin and doxycycline) not beneficial in the management of Covid-19 (SARS-Cov-2) positive patients (28 January 2021)

10. Nosocomial infections associated to COVID-19 in the intensive care unit: clinical characteristics and outcome. Tommaso Bardi , Vicente Pintado , Maria Gomez-Rojo , Rosa Escudero-Sanchez , Amal Azzam Lopez , Yolanda Diez-Remesal , Nilda Martinez Castro , Patricia Ruiz-Garbajosa , David Pestaña - Eur J Clin Microbiol Infect Dis 2021 Mar;40(3):495-502.



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